Spesso succede che le spese vengono presentate “sul piatto”
dall’amministratore una volta che sono state sostenute, senza previa
delibera assembleare. Ma è necessario pagarle?
L’amministratore ha il potere di obbligare il condominio solo per quanto attiene alle spese di gestione ordinaria dell’edificio. Tanto per intenderci si tratta della piccola manutenzione, degli interventi tecnici di modesto importo (ad esempio la riparazione del portone d’ingresso o dell’antenna televisiva), dei consumi ordinari. L’elenco è riportato all’articolo 1130 del codice civile.
In tutti questi casi, quindi, i condomini devono pagare gli importi contenuti nel cosiddetto “piano di riparto” allegato al bilancio consuntivo, senza possibilità di opporsi.
Non conta neanche il fatto che l’amministratore abbia nominato professionisti di propria fiducia senza prima consultare l’assemblea e senza presentare ulteriori preventivi di confronto. Tanto per fare un esempio, in tema di riscossione delle quote condominiali, l’amministratore può liberamente nominare l’avvocato che preferisce per gestire la causa contro i morosi, senza dover prima chiedere il permesso dell’assemblea.
C’è un solo caso in cui l’amministratore può effettuare spese, impegnando il condominio, anche oltre la gestione ordinaria: si tratta delle spese necessarie e urgenti, quelle cioè di cui non si può fare a meno per evitare danni alla proprietà condominiale o dei singoli condomini. Si pensi all’abbattimento di un albero che minaccia di cadere sul tetto o sul cortile, al rifacimento del cornicione che sta per crollare, alla riparazione delle corde dell’ascensore che potrebbe rompersi sul più bello con pericolo per l’incolumità fisica dei residenti.
In difetto dei requisiti della «necessità» e «urgenza», le spese sostenute dall’amministratore che esulano dal suo campo d’azione “ordinario” – quello cioè elencato all’articolo 1130 cod. civ. – non possono essere poste a carico del condominio ma devono essere saldate dall’amministratore stesso.
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