giovedì 23 gennaio 2020

Tutte le novità per l'affitto della Legge di Bilancio 2020

Ok cedolare secca al 10% per i concordati ma niente proroga per i negozi. Novità anche per IMU, modalità di pagamento canoni e tasso di interesse legale.

Come di consueto, l’inizio dell’anno porta con sé molte novità fiscali introdotte con la Legge di Bilancio 2020 e con altri provvedimenti ad essa collegati, ma anche l'aggiornamento del tasso di interesse legale. Vediamo nel dettaglio tutte queste novità.

Stabilizzazione aliquota cedolare secca 10%

La prima e più importante novità riguarda la cedolare secca. In sostanza viene “stabilizzata” (resa definitiva, salvo ulteriori e futuri interventi legislativi) al 10% l’aliquota della cedolare secca dedicata ai contratti agevolati (come sappiamo, in precedenza si trattava di riduzione temporanea).
Per come è scritto il provvedimento, tuttavia, c’è da ritenere che l’estensione dell’agevolazione della cedolare al 10% ai Comuni dichiarati in Stato di Emergenza nel quinquennio 2009-2014, contemplata dalla legge di conversione del D.L. 47/2014 (c.d. Decreto Casa) per il periodo 2014-2017 e poi prorogata fino a fine 2019, non sia più applicabile, dato che tale estensione si riferiva specificamente alla temporanea riduzione dell’aliquota al 10% e che di essa non c’è traccia nel testo dell’art. 3 comma 2 D.Lgs. 23/2011 come ora modificato. Dalla stesura si evince che la norma estende a tali Comuni l’applicazione di una disposizione temporanea, e che di conseguenza anche tale estensione cesserà con il cessare dell’applicazione di tale disposizione temporanea.
A conferma della temporaneità (e della non definitività, dunque) dell’estensione ai Comuni dichiarati in Stato di Emergenza dell’agevolazione della cedolare al 10% basti pensare al meccanismo di individuazione dei Comuni destinatari di tale estensione, che “cristallizza” al quinquennio 28 maggio 2009/27 maggio 2014 (data di entrata in vigore della legge di conversione) gli stati di emergenza da considerare e non, come sarebbe logico in caso di provvedimento definitivo, semplicemente agli ultimi 5 anni dal momento della stipula del contratto, o comunque un meccanismo che tenesse conto della presenza di un’emergenza allo stato attuale o comunque entro un lasso di tempo accettabile.
In definitiva, a nostro parere e in considerazione della mancanza di una norma applicabile che lo consenta, nei Comuni non ad alta densità abitativa, pur se dichiarati in Stato di Emergenza nel quinquennio 2009/2014, la cedolare al 10% non sarà più applicabile a partire dal giorno 1 gennaio 2020, anche con riguardo ai contratti già in essere.
Va specificato, per completezza di informazione, che a posizioni diverse sembrerebbe essere giunta la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, FiscoOggi, che in un suo recente articolo di commento alle novità della Manovra 2020 riporta questa valutazione: “Inoltre, a parere dello scrivente, in virtù del rinvio effettuato dall’articolo 9 del “decreto casa” alle disposizioni in materia di cedolare secca, si ipotizza che la stessa aliquota continuerà ad applicarsi anche ai contratti di locazione relativi a immobili situati nei comuni per i quali sia stato deliberato, nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (27 maggio 2014), lo stato di emergenza dovuto a eventi calamitosi.”
L’articolo aprirebbe quindi alla possibilità di applicare, in via definitiva, anche in Comuni non ad alta densità la cedolare al 10%, qualora tali Comuni siano stati dichiarati in Stato di Emergenza dal 28 maggio 2009 al 27 maggio 2014.
Va tuttavia osservato che si tratta di una posizione al momento priva di rilevanza non essendo espressa in documenti ufficiali (Circolari, Risoluzioni) dell’Agenzia delle Entrate e che, come sopra spiegato, tale parere parrebbe smentito da una lettura letterale delle norme. Resta inteso che qualora l’Agenzia delle Entrate inserisse una interpretazione del genere in un documento ufficiale, invece, tale posizione avrebbe rilevanza e potremmo tenerne conto.

Mancata proroga cedolare secca in caso di locazione di immobili C/1


Per fornire un quadro chiaro delle norme applicabili, è opportuno anche soffermarsi ad enfatizzare cosa nella Manovra 2020 e nei provvedimenti collegati non è presente. In particolare, in tali norme non si fa alcun cenno ad una proroga o, ancor meno, ad una stabilizzazione della cedolare secca in caso di locazione di immobili di categoria C/1, che come sappiamo era stata consentita per i contratti stipulati nel 2019.
Di conseguenza, al momento possiamo considerare chiuso l’esperimento della cedolare nell’uso diverso dall’abitativo, a dispetto degli auspici di un allargamento della misura o, nella peggiore delle ipotesi, di una conferma per l’anno in corso.
Certo, esiste ancora una flebile speranza espressa da alcune parti circa l’inserimento, in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe 162/2019, di un emendamento volto a prorogare questa misura anche per l’anno in essere, ma si tratta solo di un’eventualità sulla quale, prudenzialmente, non faremmo alcun affidamento. Le associazioni di categoria della proprietà immobiliare stanno in questi giorni lavorando per cercare di rendere concreta questa ultima ipotesi di salvataggio della cedolare secca per i negozi.
Allo stato attuale, tuttavia, i fatti ci dicono che la cedolare per i contratti di locazione su immobili C/1 stipulati nell’anno 2020 non è applicabile, mentre -come sappiamo- tale regime è perfettamente applicabile ai contratti stipulati nel 2019, pur se decorrenti nell’anno 2020 e/o registrati nell’anno 2020.

Novità in materia di IMU-TASI


Viene disposta l’abolizione della IUC (la sigla che comprendeva i 3 tributi IMU-TASI-TARI), ma in sostanza l’unico tributo abolito è la TASI, che scompare dal nostro ordinamento e, nei fatti, viene assorbita dall’IMU.
Restano quindi in vigore le precedenti disposizioni concernenti la TARI e si fornisceuna nuova disciplina dell’IMU (in minima parte diversa da quella precedente, in realtà). Queste le principali novità contenute nella nuova disciplina IMU:
► Si introduce un meccanismo “anti-furbetti”: se i componenti di un nucleo familiare, per non pagare l’IMU, stabiliscono la loro abitazione principale ciascuno in un diverso immobile di proprietà, si considererà comunque un unico immobile come abitazione principale ai fini IMU (la norma non fornisce un criterio per individuare quale sia, ma probabilmente in casi del genere saranno i componenti del nucleo ad indicare a quale immobile applicare l’esenzione).
► La norma stabilisce che l’aliquota IMU riferita agli immobili di categoria A/1, A/8 o A/9 destinati ad abitazione principale del soggetto passivo dell’imposta venga elevata allo 0,5% (a fronte del precedente 0,4%), aumentabile dal singolo Comune dello 0,1% o diminuibile anche fino all’azzeramento.
► Viene aumentata l’aliquota base dell’IMU per gli immobili diversi dall’abitazione principale, che quindi passa dal precedente 0,76% allo 0,86%. Tale aliquota può essere aumentata fino all’1,06% o diminuita a piacimento dai Comuni, fino anche all’azzeramento.
► La norma stabilisce inoltre che il limite dell’1,06% possa essere superato fino ad un massimo dell’1,14% ma solo nei Comuni che già avevano sfruttato ala maggiorazione dello 0,8 per mille riservata alla TASI. In pratica, nei Comuni in cui la somma di IMU e TASI nel 2019 non oltrepassava l’1,06% tale tetto non potrà più essere superato, mentre in quelli che avevano già stabilito uno sforamento (operato tramite l’aliquota della TASI) fino all’1,14% si potrà mantenere quest’ultima aliquota, ferma restando la possibilità di diminuirla (e mai di elevarla ulteriormente).
Per il resto la disciplina dell’IMU rimane sostanzialmente invariata per quanto di interesse per i proprietari di immobili in affitto e per gli inquilini, compreso ovviamente lo sconto del 25% previsto in caso di locazione con contratto a canone concordato per gli immobili presenti nell’intero territorio nazionale (e non solo nei Comuni ad alta densità abitativa).

Introduzione bonus facciate 

Viene introdotta, in aggiunta ai bonus già presenti e confermati, la detraibilità dall’imposta lorda IRPEF di un ammontare pari al 90% delle spese documentate, sostenute nel 2020, relative agli interventi edilizi finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici, purché questi ultimi siano ubicati nelle zone A o B indicate nel decreto del ministro dei Lavori pubblici n.1444/1968, quindi nelle parti del territorio comunale interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale (i centri storici), o nelle parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle precedenti.
La norma prevede che siano ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi. Sono agevolate anche le spese relative alla sola pulitura o tinteggiatura esterna purché queste riguardino le parti degli edifici sopra indicate.
Come per gli altri bonus, la detrazione è ripartita in dieci quote annuali di pari importo da detrarre nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.
Attenzione: a differenza che per gli altri bonus non sono previsti limiti massimi di spesa.

Collegamento fra detrazioni fiscali e tracciabilità pagamento 

Al fine di incoraggiare la tracciabilità nei pagamenti e di conseguenza scoraggiare il ricorso al “sommerso”, la norma stabilisce che le detrazioni dall’imposta lorda IRPEF (comprese quelle riservate al conduttore in taluni casi) spettino a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento “tracciabili” (ad esempio assegno). Tale regola sarà applicabile alle spese effettuate dal 1° gennaio 2020.
Tale limitazione non si applica alle detrazioni spettanti in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici, nonché alle detrazioni per prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale. In tali casi si avrà diritto alle detrazioni anche qualora il pagamento avvenga in contanti.
In sostanza, limitatamente a quanto di nostro interesse, se il conduttore vorrà detrarre una parte del canone pagato (scegliendo ove possibile l’agevolazione più conveniente in relazione alla sua condizione o al tipo di contratto utilizzato) dovrà necessariamente pagare il canone con metodo tracciabile, quindi in poche parole con bonifico (o con assegno, teoricamente). Nessuna detrazione invece in caso di pagamento in contanti, anche a fronte di regolare ricevuta rilasciata dal locatore.
Esaurito il capitolo relativo alla Legge di Bilancio 2020, diamo ora conto di una novità contenuta nel Decreto Fiscale collegato alla Manovra di Bilancio (D.L. n. 124/2019, pubblicato in GU n. 301 del 24-12-2019), riguardante l’uso del contante.

Limitazione uso contante 

Il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio (D.L. n. 124/2019, pubblicato in G.U. n. 301 del 24-12-2019) modifica il regime dell'utilizzo del contante, attraverso una modifica dell'art. 49 del D.lgs. n. 231/2007, che definisce i limiti all'uso del contante e dei titoli al portatore.
In particolare il valore soglia (attualmente pari 3.000 euro), oltre il quale si applicherà il divieto al trasferimento del contante tra soggetti diversi, verrà ridotto a 2.000 euro a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. Si prevede, poi, un'ulteriore riduzione a 1.000 euro a decorrere dal 1° gennaio 2022.
Per quanto di interesse per l'affitto questo limite riguarda anche il pagamento dei canoni di locazione, che a decorrere dal prossimo 1° luglio dovrà rispettare, nelle cadenze contrattualmente previste (in genere mensili, quindi), tali nuove indicazioni e non potrà essere effettuato in contanti per importi superiori alle nuove soglie previste.
Contestualmente alla fissazione dei nuovi limiti viene, inoltre, adeguato l'art. 63 del medesimo D.lgs. n. 231, norma che prevede che, in caso di violazione dei limiti inerenti l'uso del contante e dei titoli al portatore, si applichi una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 50.000 euro.
La modifica prevede che il minimo edittale per le violazioni commesse e contestate dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 sia fissato in 2.000 euro, mentre per le violazioni commesse e contestate dal 1° gennaio 2022 sarà fissato a 1.000 euro. In sostanza la sanzione minima viene adeguata ai nuovi limiti.

Nuovo tasso di interesse legale 

Come sappiamo, il tasso di interesse legale è utilizzato per calcolare, fra le altre cose, gli interessi maturati sui depositi cauzionali o gli interessi da ravvedimento operoso.
Tale tasso, definito alla fine di ogni anno per l’anno successivo, continua a variare (questa volta in forte diminuzione).
Con Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2019, pubblicato in GU n. 293 del 14/12/2019, tale tasso è stato infatti abbassato allo 0,05% per l’anno 2020 (come sappiamo, per l’anno 2019 era 0,8%).

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