Sulla scia della cosiddetta “tassa Airbnb” si delinea l’intera tassazione sugli affitti brevi. La cedolare secca arriva ad interessare i contratti abitativi di durata non superiore a 30 giorni, con possibilità di opzione per sublocatori e comodatari.
La novità deriva dal decreto legge 50/2017 e dalla circolare 24/E. Con “affitto breve” il Fisco intende la locazione di una casa, con una durata non superiore a 30 giorni, eseguita da soggetti che non esercitano attività d’impresa. Sono di conseguenza esclusi gli affitti a società e imprese e le locazioni siglate da chi opera con la partita Iva.
Per i contratti stipulati dal 1° giugno 2017 gli affitti brevi arrivano a comprendere le sublocazioni e le situazioni in cui un soggetto ha la casa in uso gratuito(comodato) e la dà in locazione a un altro soggetto (concessione a titolo oneroso).
In questi casi si può scegliere la cedolare secca con aliquota al 21%.
Se si tratta di locazione classica, si ha un reddito di fabbricati e la scelta della cedolare secca spetta al proprietario, che nel caso di contratti brevi la esprimerà in dichiarazione dei redditi.
Se si tratta di comodato, il comodatario può scegliere la cedolare al 21% calcolata sul canone; il comodante dovrà dichiarare l’eventuale reddito fondiario.
Se si tratta di sublocazione breve, il sublocatore può scegliere se trattare i proventi come redditi diversi o applicare la cedolare al 21%; anche il locatore può scegliere la cedolare sull’affitto “principale” e quindi si potrebbero avere due opzioni per la stessa casa.
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