La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, emessa il 4 ottobre 2024 nella causa C242/23, ha sollevato importanti quesiti per il settore immobiliare italiano, modificando il contesto normativo relativo alla possibilità di esercitare congiuntamente l’attività di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio. La decisione ha stabilito che un paese dell'Unione Europea non può limitare a priori l’esercizio di entrambe le attività, sancendo che eventuali conflitti d’interesse debbano essere verificati caso per caso e non presunti in modo generalizzato. Tuttavia, tale apertura solleva diverse problematiche e riflessioni per coloro che, nel settore immobiliare, desiderano ampliare la propria offerta di servizi senza incorrere in vincoli potenzialmente dannosi.
La Sentenza e le sue implicazioni dirette
Con questa sentenza, la Corte Europea ha risposto alla richiesta di chiarimenti sollevata dall’Italia, dove la normativa fino a oggi vietava di esercitare le attività di agente immobiliare e di amministratore di condominio simultaneamente. Questa disposizione si fondava su un’interpretazione restrittiva della legge italiana, con lo scopo di prevenire possibili conflitti d'interesse, tutelare i consumatori e garantire l’indipendenza e l’imparzialità dei professionisti. L’argomentazione delle istituzioni italiane sottolineava che, senza un divieto esplicito, un amministratore di condominio che operi anche come agente immobiliare potrebbe favorire inconsapevolmente o intenzionalmente i beni da lui amministrati, indirizzando i potenziali acquirenti verso immobili specifici.
La Corte ha stabilito che tale preoccupazione, sebbene legittima, non giustifica un divieto preventivo a causa dell'obbligo dell’Italia di rispettare i principi del diritto comunitario, in particolare quelli di libertà d’impresa e libera concorrenza. La sentenza specifica infatti che, sebbene il rischio di conflitto di interessi esista, esso non può essere dato per certo a priori e che le difficoltà pratiche nella verifica puntuale di tali conflitti non giustificano la limitazione generale delle attività.
Il Caso di un professionista o di un'azienda che decide di esercitare antrambe le attività
Immaginiamo un agente immobiliare o un'agenzia che decida di registrarsi come amministratore di condominio, desiderosa di ampliare la propria gamma di servizi e di aumentare le opportunità di guadagno. Con la possibilità di gestire sia la compravendita sia la gestione condominiale, questa figura punta ad attrarre una clientela più ampia e a fidelizzarla, grazie a una conoscenza approfondita degli immobili e delle loro caratteristiche.
Tuttavia, un problema importante sorge per chi intraprende entrambe le attività: la gestione del conflitto d’interesse, in particolare riguardo all’impossibilità di intermediare immobili che si amministra. L’interesse principale di molti agenti immobiliari nell’assumere il ruolo di amministratore di condominio è infatti quello di poter disporre di una conoscenza più dettagliata degli immobili e quindi di offrire ai propri clienti un servizio più completo. È comprensibile, allora, che una norma che vieti di trattare immobili di cui si è amministratori sia vista come un ostacolo.
Questo crea uno scenario paradossale: l’aspettativa iniziale dell’agente immobiliare, ossia quella di poter gestire l’intermediazione per tutte le unità dell’immobile amministrato, viene disattesa. La nuova compatibilità formale tra le due attività diventa, dunque, solo parzialmente utile, e in alcuni casi potrebbe addirittura risultare controproducente, poiché il rischio di conflitto d’interesse deve essere valutato costantemente, spesso allontanando l'agente dalla possibilità di svolgere operazioni potenzialmente redditizie.
Il Conflitto d’interesse e la soluzione alternativa: Due Professionisti Indipendenti in Collaborazione
A fronte di queste difficoltà, una soluzione alternativa, già praticabile prima della sentenza, emerge come la più efficiente e sostenibile: utilizzare due professionisti distinti per le due attività, mantenendo così una netta indipendenza operativa. Questa impostazione prevede che, mentre un professionista agisce come amministratore di condominio, un altro, in qualità di agente immobiliare, possa beneficiare delle opportunità derivanti dalla conoscenza condivisa e dalla stretta collaborazione con l’amministratore, ma senza apparire in conflitto d’interesse agli occhi del cliente.
In pratica, questo approccio prevede che l’agente immobiliare e l’amministratore collaborino strettamente su base professionale, gestendo in modo trasparente e distinto i rispettivi ruoli e senza vincoli che possano limitare l’autonomia dell’intermediario. Alcune agenzie immobiliari potrebbero addirittura strutturarsi in modo da prevedere una compartecipazione economica dell’agente nella società di amministrazione, lasciando però al primo la libertà di operare autonomamente sotto la propria partita IVA. Questo assetto permette di mantenere una sinergia vantaggiosa tra i due ruoli e di condividere le informazioni chiave sugli immobili senza dover rinunciare alla possibilità di intermediazione.
Questa soluzione, pur garantendo trasparenza e indipendenza, consente anche di ottimizzare la gestione degli immobili. L’agente immobiliare può presentarsi come professionista indipendente, libero da conflitti d’interesse, ma con una conoscenza approfondita delle dinamiche condominiali, un aspetto particolarmente apprezzato da chi desidera un servizio completo e informato.
Giudizio Finale
La sentenza europea offre una maggiore libertà teorica, ma non risolve i problemi pratici legati all’effettiva integrazione delle due attività. Più che una vittoria piena per gli agenti immobiliari, sembra suggerire che la strada della collaborazione professionale tra due soggetti distinti sia tuttora la soluzione più pragmatica ed efficace.