sabato 30 agosto 2025

Piano casa, Meloni annuncia agevolazioni per le giovani coppie: di cosa si tratta e quali sono gli obiettivi

 Da Rimini, in occasione del Meeting di Comunione e liberazione, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha annunciato un piano casa a prezzi agevolati per le giovani coppie, “perché senza casa non si può costruire una famiglia”. Un pacchetto di interventi al quale la premier sta lavorando con il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, e che dovrebbe prevedere il rifinanziamento dei mutui agevolati per la prima casa e una componente legata all’edilizia residenziale a prezzi calmierati.

Piano casa della Meloni, cosa prevede

In attesa di avere maggiori dettagli e un testo che illustri la proposta, il piano casa per le giovani coppie di cui ha parlato la Meloni dovrebbe avere la sua base di partenza nel piano casa Italia contenuto nella legge di Bilancio 2025 e ancora in attesa di un apposito Dpcm. 

In un quadro socio-economico in cui l’accesso alla proprietà e al mercato delle locazioni rappresenta uno degli ostacoli principali per la formazione di nuove famiglie, il progetto annunciato dalla presidente del Consiglio prevede alloggi a prezzi calmierati destinati alle giovani coppie. Favorire la natalità e la costruzione della famiglia sono gli obiettivi a cui punta il governo. 

Più in generale, il piano casa andrebbe a prevedere interventi volti a riorganizzare il sistema del social housing e soluzioni abitative flessibili capaci di coniugare edilizia sociale e residenziale, strategie regionali e comunali; andrebbe poi a ricorrere a modelli di finanziamento basati sul partenariato pubblico-privato e a coinvolgere il Terzo settore. 

Piano casa per le giovani coppie, l’appoggio di Consap 

Il piano casa per le giovani coppie annunciato dalla presidente del Consiglio ha ottenuto l’appoggio di Consap (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici). Tramite una nota, il presidente Sestino Giacomoni ha sottolineato: “Consap è pronta ad offrire le garanzie per contribuire alla realizzazione del piano casa a prezzi calmierati per giovani coppie rilanciato dal presidente del Consiglio dei ministri”. 

E ha aggiunto: “In questo contesto, Consap potrebbe mettere a disposizione il know how acquisito sia con il Fondo mutui prima casa per le giovani coppie, sia con la gestione di iniziative simili, come ad esempio la cosiddetta Gacs, la garanzia statale sulla tranche senior di una cartolarizzazione di crediti in sofferenza delle banche. Entrambe le iniziative di Consap hanno avuto un grande successo”. 

Giacomoni ha quindi affermato: “Avere una casa è un elemento cruciale per la crescita, la stabilità e l’autonomia dei giovani. Non si tratta solo di un tetto sopra la testa, ma di uno spazio dove poter costruire la propria identità e progettare il futuro. La casa rappresenta sicurezza, indipendenza, libertà. Avere una casa permette ai giovani di emanciparsi dalla famiglia di origine sviluppando responsabilità, autodisciplina e una propria organizzazione di vita”. 

Il presidente di Consap ha infine ricordato che “dall’avvio della sua operatività, il nostro Fondo di Garanzia per la Prima Casa ha prestato garanzie per oltre 500.000 mutui, di questi 350.000 sono stati destinati agli under 36 per un contro valore complessivo, in termini di importo finanziato, di circa 60 miliardi di euro. Nel 2024 i mutui garantiti sono stati 72.284, di cui oltre il 75% per gli under 36”. 

Piano casa a prezzi calmierati, l’apprezzamento e le proposte di Confedilizia 

Positivo anche il giudizio di Confedilizia. In una nota, il presidente Giorgio Spaziani Testa ha affermato: “Apprezziamo il riferimento della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso del meeting di Rimini, a un piano casa a prezzi calmierati in fase di preparazione con il ministro Matteo Salvini. Da parte nostra, riteniamo che sulle politiche abitative occorra agire in più direzioni”. 

E ha spiegato: “Vanno rafforzate le locazioni a canone concordato, applicando in tutti i Comuni la cedolare secca del 10% (anche per ridurre la pressione abitativa sui centri maggiori) e incrementando la riduzione Imu del 25% a carico dello Stato. Vanno resi celeri gli sfratti, questione solo in parte di natura legislativa. Vanno rifinanziati adeguatamente e resi efficienti i fondi a sostegno degli inquilini in difficoltà, come si è iniziato a fare con l’ultima legge di Bilancio. Va fatta funzionare l’edilizia economica e popolare: 86.000 alloggi non assegnati, più altre migliaia occupati abusivamente, non sono tollerabili. Da questo punto di vista, i 1.381 milioni di euro stanziati dalla manovra 2025 per l’efficientamento dell’edilizia pubblica sono un’importante risposta. Così come essenziale è dare presto seguito a quel piano nazionale per l’edilizia residenziale pubblica e sociale denominato ‘Piano Casa Italia’ pure introdotto con la legge di Bilancio, auspicabilmente anticipandone l’attuazione”. 

Concludendo: “Confermiamo alla presidente Meloni e al ministro Salvini la nostra disponibilità ad affrontare insieme un tema, quello dell’accesso alla casa, che riveste un’importanza essenziale sul piano economico e sociale”. 

Piano casa 2025, il progetto dell'Ance 

A parlare della necessità di un piano casa è stata anche l’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), che lo scorso luglio ha rilanciato un piano pluriennale per la casa accessibile da 15 miliardi.

In occasione della presentazione della conferenza “Città nel futuro 2030-2050”, la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, ha detto: “Sono molti decenni che questo Paese non ha al centro dell’agenda il tema delle città e dell’emergenza abitativa. Non abbiamo un quadro regolatorio al passo con i tempi e non abbiamo un programma che permetta di rendere gli investimenti compatibili con le esigenze di inclusività e di distribuzione della pressione abitativa”.

Aggiungendo: “La questione centrale è come valutare quali sono gli interventi degni di agevolazioni normative e fiscali. Immaginiamo un rating di impatto sociale, una griglia di requisiti per garantire la possibilità di mettere sul mercato case a prezzi accessibili e riportare le città a ciò che dovrebbero essere per i cittadini: una fucina di stimolo e di crescita, dove possano vivere giovani, anziani e famiglie e dove l’ascensore sociale funzioni”.

sabato 19 luglio 2025

Taglio dell’erba e orari consentiti: tutto ciò che ti serve sapere

Scopri linee guida ed i suggerimenti sul taglio erba e gli orari consentiti: limita il rumore ed evita inconvenienti con i vicini di casa. 


Quando si utilizzano delle macchine da giardinaggio è essenziale il rispetto dei vicini e delle normative al fine di non provocare fastidi. Nello specifico, l'uso di apparecchi rumorosi deve essere limitato ai periodi compresi tra le 9:00 e le 12:00, e tra le 15:00 e le 19:00. Rispettare gli orari consentiti per il taglio dell'erba non solo evita di incorrere in multe e sanzioni, ma dimostra anche un atteggiamento civile e rispettoso, l’ideale se si desidera curare i rapporti di buon vicinato. Scopri tutte le normative vigenti in merito al taglio dell’erba ed i piccoli accorgimenti da seguire per non incorrere in errore.

Quando si può tagliare l’erba in un condominio?

Il taglio dell’erba nei condomini provvisti di giardino è un’attività di fondamentale importanza per il mantenimento dell’ordine e della pulizia nelle aree verdi comuni. Trattandosi di un’operazione che può essere rumorosa, è tuttavia essenziale che questa pratica venga gestita in modo da non arrecare disturbo ai residenti. Proprio per questo motivo, nella maggior parte dei casi vengono stabiliti degli specifici orari.

Dunque, a che ora di può tagliare l’erba in un condominio? Generalmente i regolamenti condominiali riportano delle fasce orarie e dei giorni precisi per i lavori di manutenzione che vengono concordati in modo da evitare conflitti tra i residenti.

In ogni caso è sempre consigliabile comunicare ai condomini le proprie intenzioni in merito agli orari per tagliare l’erba. Nel caso in cui non si riesca a trovare un accordo, oppure se le iniziative del singolo violano le normative stabilite, è necessario rivolgersi all’amministratore condominiale che ha il compito di mediare tra le parti.

Quando si taglia l’erba del giardino

In molti si chiedono a che ora si può tagliare l’erba del giardino per ottenere i migliori risultati e minimizzare il disturbo per gli altri. Generalmente, il momento migliore della giornata è durante le prime ore del mattino o del primo pomeriggio, quando l'erba è asciutta e il clima è fresco. Nel caso di umidità o pioggia è consigliabile rimandare le operazioni di manutenzione perché queste potrebbero danneggiare il prato e/o rendere più difficile l'operazione di taglio.

Per molti gli i migliori orari per tagliare l’erba sono quelli del weekend, in quanto si ha maggiore tempo libero a disposizione senza dover affrontare impegni lavorativi. Ma a che ora si può tagliare l’erba la domenica? Essendo un giorno di riposo quasi per tutti, occorre prestare particolare attenzione alle regole sugli orari del taglio erba della domenica per non arrecare disturbo ai vicini.

Seppur vi sia un margine di flessibilità, generalmente per il taglio erba gli orari consentiti la domenica sono i seguenti: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00. In questo modo è possibile consentire ai vicini di godere di un periodo di tranquillità e riposo lontano da rumori disturbanti.

Gli orari del taglio erba il sabato dipendono dal regolamento del proprio condominio e da eventuali normative comunali. È sempre bene consultare le regole stabilite nel proprio luogo di residenza per non sbagliare, questo perché il sabato può essere considerato festivo o feriale a seconda delle disposizioni locali.

I più curiosi vogliono sapere di più in merito al Ticino: qui le regole sono abbastanza differenti in quanto l’utilizzo di macchinari rumorosi è concesso nei giorni feriali dalle 7 alle 19 e il sabato dalle 9 alle 18.

Quando non si può tagliare l’erba? Tutti i divieti

Nonostante il taglio dell’erba sia una pratica necessaria per mantenere l’ordine e la pulizia, ci sono situazioni in cui non è consentito effettuare questa attività. Una volta chiarito che si può tagliare l’erba la domenica mattina, rispettando le regole condominiali e locali, occorre sottolineare che invece esistono alcune circostanze in cui è vietato dedicarsi a questa attività, come nel caso delle ore notturne in cui i rumori possono disturbare la quiete pubblica. 

Spesso, per esempio, è assolutamente vietato tagliare l’erba nel caso di condizioni meteo avverse o di prossimità ad aree protette.

In generale è consigliabile rispettare gli orari del taglio erba che vengono riportati di seguito:

  • Dal lunedì al sabato dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00
  • Domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00

Cosa fare se il vicino non taglia l’erba e come è giusto comportarsi

Esiste un vero e proprio obbligo di taglio erba del giardino privato che ricade sul proprietario o sull'occupante della proprietà. Non tagliare l’erba del proprio giardino può portare a diverse conseguenze, tra cui sanzioni amministrative, multe e ordinanze comunali per l'abbandono o la trascuratezza degli spazi esterni.

Di conseguenza, nel caso in cui il vicino di casa non rispetti le regole e non si occupi della manutenzione del proprio spazio verde, arrecando disagi come cattivi odori o richiamo di animali e insetti, bisogna procedere con una segnalazione.

Il suggerimento è quello di esprimere la problematica e le proprie preoccupazioni in modo educato e civile: spesso questo è sufficiente per risolvere il disguido senza dover ricorrere a misure più drastiche. Tuttavia, se il vicino non si dimostra collaborativo, è opportuno inoltrare un reclamo formale alle autorità competenti o all'amministratore condominiale.

giovedì 3 aprile 2025

Acquisto senza caparra: si può fare?

 Forse, non tutti sanno che una proposta di acquisto è valida anche se non viene versato un assegno al venditore a titolo di caparra.

La validità della proposta dipende, infatti, dall’accettazione da parte del venditore nei tempi e nei modi decisi dal proponente. In questo caso, la caparra è solo un elemento accessorio in più per la vendita.

A cosa serve la caparra?

Serve principalmente per fermare la proposta, perché può dimostrare la serietà dell’offerta. Sono le norme che in maniera formale non obbligano all’utilizzo alla caparra.

Validità della proposta d’acquisto di una casa: i termini

In linea di massima, in ogni caso una proposta di acquisto senza caparra non tutela il compratore perché il venditore non si sentirà vincolato e potrà sentirsi libero di ripensarci.

Se l’acquirente ha un ripensamento perde la caparra versata, ma se è il venditore a tirarsi indietro allora chi ha versato la caparra può chiedere addirittura il doppio dell’importo versato.

Attraverso la caparra si dimostra, di solito, di essere davvero interessati all’acquisto, e il venditore per questo sarà meno soggetto a tentennamenti, visto che, se si dovesse tirare indietro rispetto alla proposta già accettata, sarebbe costretto a versare il doppio di quanto ricevuto.

A quanto deve ammontare la caparra?

Non ci sono regole riguardanti la somma della caparra da versare, la situazione varia da caso a caso.

Non esiste infatti una regola che definisce la percentuale sul totale del prezzo dell’immobile, ma la cifra viene di volta in volta definita all’interno della mediazione fra venditore e compratore sulla base di tante variabili differenti per ogni pratica d’acquisto.

*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.

giovedì 23 gennaio 2025

Si devono pagare le spese condominiali anche se l’appartamento è vuoto?

Vivere in condominio significa rispettare una serie di regole per il vivere comune. È forse questa, a livello di oneri, la differenza più grande tra la vita in appartamento e quella in casa indipendente: il rispetto delle esigenze altrui in un contesto di convivenza, seppure in senso lato.

lunedì 28 ottobre 2024

Divieto di intermediazione se sei anche l'amministratore del condominio.

 La recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, emessa il 4 ottobre 2024 nella causa C242/23, ha sollevato importanti quesiti per il settore immobiliare italiano, modificando il contesto normativo relativo alla possibilità di esercitare congiuntamente l’attività di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio. La decisione ha stabilito che un paese dell'Unione Europea non può limitare a priori l’esercizio di entrambe le attività, sancendo che eventuali conflitti d’interesse debbano essere verificati caso per caso e non presunti in modo generalizzato. Tuttavia, tale apertura solleva diverse problematiche e riflessioni per coloro che, nel settore immobiliare, desiderano ampliare la propria offerta di servizi senza incorrere in vincoli potenzialmente dannosi.

La Sentenza e le sue implicazioni dirette

Con questa sentenza, la Corte Europea ha risposto alla richiesta di chiarimenti sollevata dall’Italia, dove la normativa fino a oggi vietava di esercitare le attività di agente immobiliare e di amministratore di condominio simultaneamente. Questa disposizione si fondava su un’interpretazione restrittiva della legge italiana, con lo scopo di prevenire possibili conflitti d'interesse, tutelare i consumatori e garantire l’indipendenza e l’imparzialità dei professionisti. L’argomentazione delle istituzioni italiane sottolineava che, senza un divieto esplicito, un amministratore di condominio che operi anche come agente immobiliare potrebbe favorire inconsapevolmente o intenzionalmente i beni da lui amministrati, indirizzando i potenziali acquirenti verso immobili specifici.

La Corte ha stabilito che tale preoccupazione, sebbene legittima, non giustifica un divieto preventivo a causa dell'obbligo dell’Italia di rispettare i principi del diritto comunitario, in particolare quelli di libertà d’impresa e libera concorrenza. La sentenza specifica infatti che, sebbene il rischio di conflitto di interessi esista, esso non può essere dato per certo a priori e che le difficoltà pratiche nella verifica puntuale di tali conflitti non giustificano la limitazione generale delle attività.

Il Caso di un professionista o di un'azienda che decide di esercitare antrambe le attività

Immaginiamo un agente immobiliare o un'agenzia che decida di registrarsi come amministratore di condominio, desiderosa di ampliare la propria gamma di servizi e di aumentare le opportunità di guadagno. Con la possibilità di gestire sia la compravendita sia la gestione condominiale, questa figura punta ad attrarre una clientela più ampia e a fidelizzarla, grazie a una conoscenza approfondita degli immobili e delle loro caratteristiche.

Tuttavia, un problema importante sorge per chi intraprende entrambe le attività: la gestione del conflitto d’interesse, in particolare riguardo all’impossibilità di intermediare immobili che si amministra. L’interesse principale di molti agenti immobiliari nell’assumere il ruolo di amministratore di condominio è infatti quello di poter disporre di una conoscenza più dettagliata degli immobili e quindi di offrire ai propri clienti un servizio più completo. È comprensibile, allora, che una norma che vieti di trattare immobili di cui si è amministratori sia vista come un ostacolo.

Questo crea uno scenario paradossale: l’aspettativa iniziale dell’agente immobiliare, ossia quella di poter gestire l’intermediazione per tutte le unità dell’immobile amministrato, viene disattesa. La nuova compatibilità formale tra le due attività diventa, dunque, solo parzialmente utile, e in alcuni casi potrebbe addirittura risultare controproducente, poiché il rischio di conflitto d’interesse deve essere valutato costantemente, spesso allontanando l'agente dalla possibilità di svolgere operazioni potenzialmente redditizie.

Il Conflitto d’interesse e la soluzione alternativa: Due Professionisti Indipendenti in Collaborazione

A fronte di queste difficoltà, una soluzione alternativa, già praticabile prima della sentenza, emerge come la più efficiente e sostenibile: utilizzare due professionisti distinti per le due attività, mantenendo così una netta indipendenza operativa. Questa impostazione prevede che, mentre un professionista agisce come amministratore di condominio, un altro, in qualità di agente immobiliare, possa beneficiare delle opportunità derivanti dalla conoscenza condivisa e dalla stretta collaborazione con l’amministratore, ma senza apparire in conflitto d’interesse agli occhi del cliente.

In pratica, questo approccio prevede che l’agente immobiliare e l’amministratore collaborino strettamente su base professionale, gestendo in modo trasparente e distinto i rispettivi ruoli e senza vincoli che possano limitare l’autonomia dell’intermediario. Alcune agenzie immobiliari potrebbero addirittura strutturarsi in modo da prevedere una compartecipazione economica dell’agente nella società di amministrazione, lasciando però al primo la libertà di operare autonomamente sotto la propria partita IVA. Questo assetto permette di mantenere una sinergia vantaggiosa tra i due ruoli e di condividere le informazioni chiave sugli immobili senza dover rinunciare alla possibilità di intermediazione.

Questa soluzione, pur garantendo trasparenza e indipendenza, consente anche di ottimizzare la gestione degli immobili. L’agente immobiliare può presentarsi come professionista indipendente, libero da conflitti d’interesse, ma con una conoscenza approfondita delle dinamiche condominiali, un aspetto particolarmente apprezzato da chi desidera un servizio completo e informato.

 Giudizio Finale

La sentenza europea offre una maggiore libertà teorica, ma non risolve i problemi pratici legati all’effettiva integrazione delle due attività. Più che una vittoria piena per gli agenti immobiliari, sembra suggerire che la strada della collaborazione professionale tra due soggetti distinti sia tuttora la soluzione più pragmatica ed efficace.

venerdì 24 maggio 2024

I DIRITTI DEL PROPRIETARIO AL TERMINE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE

Tutti sappiamo come una parte non indifferente dei contratti di locazione sottoscritti ogni anno nel nostro Paese non arrivi alla scadenza prefissata ma venga recesso prima che la sua validità giunga al termine prestabilito.

A differenza di quanto si sia portati a pensare, nella maggior parte dei casi la conclusione del rapporto tra il locatario e la persona (o la famiglia) in affitto si verifica dopo che le parti sono riuscite a trovare un accordo per l’interruzione. Una fine consensuale, dunque, a cui si può giungere per una serie infinita di motivazioni.


Quali richieste può avanzare un proprietario al termine del contratto di affitto?

In tutti gli altri casi – ossia quando il proprietario e l’affittuario decidono di rispettare il patto sottoscritto fino alla conclusione naturale – la legge in materia individua un elenco di diritti che il locatario può rivendicate una volta oltrepassata la data di scadenza del contratto.

In particolare, il proprietario può esigere di riottenere i locali oggetto di affitto nelle stesse identiche condizioni in cui si presentavano prima dell’ingresso della controparte.

Nel caso in cui questo non avvenga e vi siano danni alla struttura, è sempre suo diritto irremovibile quello di trattenere la cauzione versata all’inizio del rapporto.

Tutti i diritti riconosciuti al locatore quando scade il contratto d’affitto

Le uniche eccezioni che vengono riconosciute sono quelle relative all’usura che ogni immobile subisce con il trascorrere del tempo: è il caso del deterioramento dell’intonaco, della comparsa della ruggine in alcune aree specifiche o delle crepe che possono comparire sulle superfici in legno.

Infine, se le parti in causa scelgono di avviare una trattativa per rinnovare il contratto di affitto, il locatore ha diritto a muovere le seguenti istanze:

  • può avanzare la richiesta di inserire determinate modifiche all’interno del documento, come l’innalzamento del canone mensile e l’introduzione del divieto di subaffitto;
  • può esigere che alcuni spazi dell’unità immobiliare vengano esclusi dall’accordo per poterne usufruire di persone (si pensi ai garage, ai magazzini o alle cantine).

* Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.

mercoledì 15 novembre 2023

Si devono pagare tutte le spese decise dall’amministratore?

Spesso succede che le spese vengono presentate “sul piatto” 

dall’amministratore una volta che sono state sostenute, senza previa 

delibera assembleare. Ma è necessario pagarle?

L’amministratore ha il potere di obbligare il condominio solo per quanto attiene alle spese di gestione ordinaria dell’edificio. Tanto per intenderci si tratta della piccola manutenzione, degli interventi tecnici di modesto importo (ad esempio la riparazione del portone d’ingresso o dell’antenna televisiva), dei consumi ordinari. L’elenco è riportato all’articolo 1130 del codice civile.

In tutti questi casi, quindi, i condomini devono pagare gli importi contenuti nel cosiddetto “piano di riparto” allegato al bilancio consuntivo, senza possibilità di opporsi.

Non conta neanche il fatto che l’amministratore abbia nominato professionisti di propria fiducia senza prima consultare l’assemblea e senza presentare ulteriori preventivi di confronto. Tanto per fare un esempio, in tema di riscossione delle quote condominiali, l’amministratore può liberamente nominare l’avvocato che preferisce per gestire la causa contro i morosi, senza dover prima chiedere il permesso dell’assemblea.

C’è un solo caso in cui l’amministratore può effettuare spese, impegnando il condominio, anche oltre la gestione ordinaria: si tratta delle spese necessarie e urgenti, quelle cioè di cui non si può fare a meno per evitare danni alla proprietà condominiale o dei singoli condomini. Si pensi all’abbattimento di un albero che minaccia di cadere sul tetto o sul cortile, al rifacimento del cornicione che sta per crollare, alla riparazione delle corde dell’ascensore che potrebbe rompersi sul più bello con pericolo per l’incolumità fisica dei residenti.

In difetto dei requisiti della «necessità» e «urgenza», le spese sostenute dall’amministratore che esulano dal suo campo d’azione “ordinario” – quello cioè elencato all’articolo 1130 cod. civ. – non possono essere poste a carico del condominio ma devono essere saldate dall’amministratore stesso.