venerdì 11 novembre 2022

Registrazione del preliminare di compravendita

Il 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐚𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐚 è l'accordo scritto stipulato tra venditore e acquirente, con cui si impegnano in modo reciproco alla futura stipula di un contratto definitivo, in forza del quale si trasferirà la proprietà.
Il preliminare deve essere 𝗿𝗲𝗴𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝟮𝟬 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 (30 se con atto notarile) dalla data di sottoscrizione.
𝗜𝗺𝗽𝗼𝘀𝘁𝗲 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗶𝘀𝘁𝗲:
🔸 𝘪𝘮𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘳𝘦𝘨𝘪𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘧𝘪𝘴𝘴𝘢 𝘥𝘪 200 𝘦𝘶𝘳𝘰
🔸 𝘪𝘮𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘣𝘰𝘭𝘭𝘰 𝘥𝘪 16 𝘦𝘶𝘳𝘰 𝘰𝘨𝘯𝘪 4 𝘧𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢𝘵𝘦/100 𝘳𝘪𝘨𝘩𝘦 (se con atto pubblico o scrittura privata autenticata 155 euro fisse)
🔸 𝘪𝘮𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘳𝘦𝘨𝘪𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘰𝘳𝘻𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦 in caso di pagamenti pari allo 0,5% della somma per caparra confirmatoria e al 3% per acconto prezzo di vendita (che saranno detratti dall'imposta dovuta per la registrazione del contratto definitivo).
Qualora l'imposta proporzionale versata superi quella dovuta per il definitivo, spetta un 𝗿𝗶𝗺𝗯𝗼𝗿𝘀𝗼, che dovrà essere richiesto presso l'ufficio dove avvenuta la registrazione, entro 3 anni dalla data di registrazione, pena la decadenza del diritto al rimborso.

IMU: Importante sentenza della Corte Costituzionale

 Un’importante sentenza della Corte Costituzionale riafferma il diritto all’esenzione IMU per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile laddove i coniugi risiedano o abbiano abituale dimora in immobili diversi, sia che essi siano collocati in differenti Comuni sia che essi siano ubicati nel medesimo comune. In questi anni, forti di norme che limitavano questo diritto e facevano leva sul concetto di “nucleo famigliare” inteso in modo restrittivo, molti comuni hanno richiesto il pagamento dell’IMU (e, nel caso, di arretrati risalenti a molti anni addietro) a coloro che erano incorsi in questa condizione. La Sentenza in oggetto (n. 109) risolve drasticamente la questione dichiarando illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove parlando di «nucleo familiare» finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021). Quest’ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta «a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile». “Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile». È quanto si legge nella sentenza che sottolinea come diversamente si creerebbe una disparità con coloro che scelgono di non unirsi in matrimonio o  in unione civile. La Sentenza precisa inoltre che in «un contesto come quello attuale», «caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale». La Corte ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e però ha ritenuto «opportuno chiarire» che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare «i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli», controlli che «la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci». Esprimiamo la nostra soddisfazione per questa importante Sentenza che definisce una volta per tutte una questione assai controversa; la Corte afferma in modo limpido un diritto finora ampiamente contestato che viene finalmente ristabilito