giovedì 3 dicembre 2020

Superbonus 110%: OK alla proroga fino al 2023 per le detrazioni fiscali del Decreto Rilancio

Superbonus 110%: con una mossa a sorpresa (che dovrà essere comunque confermata dalla Gazzetta 

Ufficiale) arriva la proroga al 2023 per le detrazioni fiscali del 110% (c.d. supebonus) previste dal D.L. 

n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dallalegge n.  77/2020.

Superbonus 110%: OK alla proroga fino al 2023

La conferma arriva direttamente dal Movimento 5 Stelle che ha anticipato l’approvazione di un emendamento alla manovra di bilancio che conferma quanto chiesto a gran voce da tutti gli operatori del settore edile. Una proroga necessaria per dare un margine più ampio, soprattutto alla luce dell’emergenza Covid-19, per la fruizione di un beneficio fiscale che potrebbe davvero essere determinante per il rilancio delle costruzioni.

Nonostante uno strumento normativo poco adatto (ricordiamo che per completare il quadro normativo sono stati necessari 139 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Rilancio, ovvero 4 mesi e mezzi in cui contribuenti, imprese e professionisti sono stati in attesa di certezze), il dato di fatto è che risolti i problemi di “start up” il superbonus 110% potrebbe servire davvero per rilanciare il settore dell’edilizia, trainando l’intera economia nazionale.

Superbonus 110%: le conferme del Movimento 5 Stelle

Si tratta di un investimento importante sul futuro del Paese su cui ci siamo sempre battuti – leggiamo sulla pagina Facebook del M5S - con questo provvedimento andiamo a migliorare la qualità della vita di milioni di italiani facendoli risparmiare con tanti lavori a costo zero e con bollette che si riducono fino al 60-70%; rendiamo più efficiente e sicuro il patrimonio edilizio e più belle le città; rilanciamo l'edilizia e l'indotto facendo aumentare i posti di lavoro nel settore; riduciamo le emissioni inquinanti contribuendo a raggiungere gli obiettivi previsti dagli accordi di Parigi sul clima”.

Stabilizzando il superbonus 110% intanto fino al 2023 – conclude il M5S - in sintonia con le imprese facciamo bene all'economia, all'ambiente ed alla salute dei cittadini. Ci batteremo affinché l'emendamento passi in Parlamento”.

martedì 1 dicembre 2020

Risoluzione consensuale del contratto di locazione

 

Schiamazzi e rumori: come tutelarsi se i vicini non ascoltano le nostre lamentele?

 Quello dei rumori provenienti dagli appartamenti dei nostri vicini di casa è argomento che abbiamo trattato più volte.

È bene, prima di vedere come possiamo agire se nonostante i nostri richiami non cambia nulla, fare una premessa.

Al di là delle regole scritte bisogna sempre avere a mente che vale la pena agire con un minimo di tolleranza.

Non sempre ce ne accorgiamo ma può anche accadere che chi si lamenta delle intemperanze altrui sia poi egli stesso a non recare disturbo.

In secondo luogo, come diremo oltre, esiste il diritto a non essere disturbati, non esiste il diritto al silenzio assoluto. Come dire: cerchiamo sempre di comprendere che viviamo insieme ad altri.


Detto ciò è utile tener conto che la tutela contro immissioni rumorose moleste e/o intollerabili si estende a tre livelli: penale, civile e amministrativo.

Schiamazzi e rumori, la tutela penale

In questo caso ciò che si punisce non è la condotta che ha causato un danno ma la condotta in sé come potenzialmente lesiva dell'interesse pubblico al riposo ed alla tranquillità delle persone (art. 659 c.p.).


Urla e schiamazzi in condominio: l'accertamento dei rumori non richiede perizie fonometriche


In più articoli, infatti, si è evidenziato (e criticato) il fatto che "ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 659 cod. pen., è necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali da superare i limiti della normale tollerabilità, anche in relazione alla loro intensità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica, ovvero alla quiete ed al riposo di un numero indeterminato di persone, anche se non è necessario che siano state tutte disturbate in concreto, atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica, non assumendo rilievo assorbente le lamentele di una o più persone (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3678 del 01/12/2005-31/01/2006, Giusti).

Trattasi, invero, di reato di pericolo presunto; ai fini della sua configurazione, pertanto, non è necessaria la prova dell'effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone" (Trib. Bari 24 settembre 2007).

Ad ogni modo, come direbbero gli antichi, dura lex sed lex: chi volesse avvalersene potrebbe segnalare i fatti all'autorità di pubblica sicurezza.

Schiamazzi e rumori, la tutela civile

Il primo riferimento, quello legislativo è rappresentato dall'art. 844 c.c. che recita:

"Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso".

Si badi: esistono soglie di rumore al di sopra delle quali scattano sanzioni amministrative e/o penali per la loro inosservanza. Ciò non vuol dire che "sotto soglia" non vi sia intollerabilità: la misura della tollerabilità del rumore, sebbene chiaramente debba fondarsi su dati obiettivi, è comunque rimessa alla valutazione del giudice che può base la propria decisione anche su altri elementi, quali ad esempio testimonianze, massime di comune esperienza, ecc.


Rumori in condominio, la prova del superamento della normale tollerabilità


In tal senso e più volte si è espressa anche la Corte di Cassazione affermando che "in materia di immissioni, mentre è senz'altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi a stregua dei principi di cui all'art. 844 cod. civ."; Cass. 939/11; Cass. 8474/15)".

Oltre alla tutela normativa può essere previsto anche un divieto di particolari rumori, ovvero specifiche soglie di riferimento anche dai regolamenti condominiali di natura contrattuale.

In termini processuali, è utile rammentare che in relazione alla materia dei rumori valgono le normali regole previste in relazione all'onere della prova: in buona sostanza spetta a chi lamenta la violazione di queste norme dare prova dell'illiceità della condotta altrui. Pure qui deve essere ben chiara una cosa.

La Cassazione ha specificato che "il limite di tollerabilità non è assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, secondo le caratteristiche della zona, per cui tale limite è più basso in zone destinate ad insediamenti abitativi, ma è anche vero che la normale tollerabilità non può essere intesa come assenza assoluta di rumore.

In altri termini, il fatto che un rumore venga percepito non significa anche che sia intollerabile" (Cass. 11 febbraio 2011 n. 3440). Come dire: non esiste il diritto al silenzio.

Schiamazzi e rumori, la tutela amministrativa

Molti regolamenti di polizia locale sanzionano i rumori e gli schiamazzi.

Per ottenere la tutela da parte della polizia locale è necessario consultare tali atti normativi ed eventualmente chiederne l'intervento nei casi in cui fosse possibile farlo e lo si ritenesse necessario.

Le lamentele della maggioranza non bastano a revocare l'amministratore di condominio

mercoledì 1 luglio 2020

Il superbonus si allarga anche alle seconde case: sgravi al 110%

 Il superbonus per garantire l'efficientamento energetico si allarga: si potrà chiedere anche per le seconde case, villette a schiera incluse, e varrà anche per il Terzo settore. Gli incentivi poi potranno essere chiesti anche da chi demolisce e ricostruisce la propria abitazione. Niente da fare invece per le abitazioni più lussuose, per le ville e per i castelli. Soddisfatta parzialmente Confedilizia, che punta il dito contro l'esclusione dalle agevolazioni «di alcune categorie di abitazioni impropriamente considerate di lusso, che sarebbe addirittura devastante se riguardasse gli interventi sulle parti comuni del condominio».
Il Parlamento, seppure lentamente, continua dunque a lavorare alle modifiche al Dl Rilancio: la commissione Bilancio della Camera punta a chiudere i lavori entro giovedì; dopodiché il testo passerà in Aula e successivamente all'esame del Senato ma sarà blindato. Intanto fa un passo avanti l'assegno unico universale per i figli: arriva domani in Aula a Montecitorio la proposta di legge, a prima firma Delrio, tassello del Family Act della ministra Iv Elena Bonetti. "E' un primo passo importante, noi non ci fermiamo qui", sottolinea la titolare della Famiglia. Molte delle novità attese, in cima le misure per garantire il sostegno all'occupazione, dovrebbero confluire comunque in provvedimenti allo studio del governo: si spazia dal pacchetto semplificazioni alla richiesta per un ulteriore scostamento di bilancio.

giovedì 7 maggio 2020

Ristrutturare casa gratis e lo Stato paga l'impresa con sconti fiscali fino al 110%

Il governo che paga i cittadini per rifarsi casa, e lascia anche una "mancia fiscale" del 10%. E' la nuova misura che entrerà a ore nel decreto "aprile" per rilanciare l'edilizia e "imprimere una svolta epocale nelle politiche pubbliche, per far compiere all'Italia un passo da gigante nella crescita sostenibile rendendo la tutela ambientale il volano dell'economia".

Così ne parla il sottosegretario di Stato Riccardo Fraccaro, che da quasi un anno pensava a questa iniziativa di stampo keynesiano e ora l'ha sbloccata in risposta all'emergenza Covid-19.

Nelle stime del Dipartimento finanze del Tesoro, che ha valutato l'impatto sui conti pubblici, le minori entrate fiscali nel quinquennio su cui varrà la misura dovrebbero attestarsi su 16 miliardi di euro totali, come differenza tra le attuali aliquote di sgravio e il prossimo 110%. Ma la relazione illustrativa della norma prevede che "l'aumento del gettito legato agli effetti moltiplicativi dell'investimento iniziale consenta alla misura di ripagarsi praticamente da sola".

Lo scorso dicembre il Cresme, in una ricerca sull'impatto degli incentivi di riqualificazione edilizia ed energetica, calcolò un saldo netto positivo per lo Stato nelle misure che dal 1998 sono riproposte sotto vari aspetti, grazie a volumi extra di lavori per 231 miliardi di euro solo tra il 2011 e il 2019, lavori svolti da 3,4 milioni di occupati complessivi.

Sempre il Dipartimento finanze stima, ora, che le spese per sistemare le case italiane dopo la nuova legge possano salire del 30-35%.
Ristrutturare casa gratis e lo Stato paga l'impresa con sconti fiscali fino al 110%

Cosa prevede la "norma 110%"

La nuova norma incentiva la riconversione energetica e lo sviluppo del patrimonio immobiliare, con forti detrazioni fiscali dilazionate su cinque anni.

La principale novità riguarda l'aumento delle aliquote di detrazione, fino al 110%, per interventi di riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici. Sono facilitazioni introdotte nel 2013, e che allora si sono rivelate un puntello importante per il settore, con flussi rilevanti di domanda aggiuntiva.

Da luglio, e per 18 mesi, le aliquote detraibili per gli interventi di efficientamento energetico (il cosiddetto "ecobonus" della vecchia legge) e antisismico ("sismabonus"), rispettivamente del 65% e del 50% dei lavori, saliranno al 110%. E la detrazione al 110% varrà anche per altri lavori di riqualificazione energetica, restauro facciate o installazione di impianti fotovoltaici per produrre elettricità.
I nuovi incentivi si applicano "agli interventi effettuati dai condomini, dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, e dagli Istituti autonomi case popolari (Iacp)", si legge nell'ultima bozza.

Un esempio e le soglie massime

Se il signor Rossi svolge lavori che ricadono negli interventi considerati per 10 mila euro, riceverà alla dichiarazione dei redditi una detrazione pari al 110% della fattura (qui 11 mila euro), da usare in compensazione per 2200 euro l'anno in cinque dichiarazioni.

I lavori agevolati, che sono preclusi alle imprese (ma non alle associazioni, alle fondazioni e a chi opera nel terzo settore, dove il credito d'imposta previsto è il 100%), hanno delle soglie massime.

Fino a 60 mila euro "per numero di unità immobiliari" (nel caso di abitazioni in condominio) per interventi di isolamento termico; fino a 30 mila euro per numero di unità immobiliari per quelli sulle parti comuni e sulla climatizzazione; fino a 10 mila euro per numero di unità immobiliari per quelli sulle caldaie a gasolio (almeno di classe A); fino a 48 mila euro, o 2.400 euro per Kwh di potenza nominale, per gli impianti fotovoltaici.

La cessione del bonus fiscale di chi ristruttura

Il credito sarà cedibile a terzi di ogni tipo senza limiti. Nel caso il committente lo giri all'impresa che fa i lavori, li otterrà senza versare un euro: lo sconto applicato sarà identico alla fattura (100%), poi l'impresa recupererà il credito d'imposta in cinque anni dalle sue tasse. Se invece chi fa i lavori cederà il credito fiscale a una compagnia assicurativa, potrà beneficiare del 90% della somma per stipulare una contestuale polizza su rischi di calamità (finora quella detrazione è del 19%).

Un'opzione alternativa, prevista cambiando le norme sulla cedibilità delle detrazioni, consente a chi commissiona i lavori o all'impresa che li fa di vendere a banche o altri intermediari la detrazione, per dare liquidità immediata all'edilizia, alle condizioni commerciali applicate dalle banche o dai grandi gruppi dell'energia (Enel, Eni e Snam tra questi), e creare un mercato dei crediti fiscali a prezzi tali da coprire almeno il costo dei lavori.
Per esempio, se l'impresa Rossi spa fattura 10 mila euro al signor Bianchi, che non la paga ma le gira la detrazione fiscale, questa avrà 11 mila euro da compensare in cinque anni. Se poi sceglie di cedere il credito d'imposta all'impresa Verdi, sia una banca o una rivale, riceverà liquidità secondo gli usi commerciali: con uno sconto, poniamo, del 9%, la Rossi spa incasserebbe 10.010 euro, e alla Verdi resterebbero 11 mila euro di credito d'imposta per abbattere le sue tasse in cinque ratei di 2.200 euro l'anno, in un volano moltiplicatore di sconti e, si spera, commesse.

"Il meccanismo genererà un aumento del volume di lavoro per le imprese, che a loro volta potranno riscuotere un credito di imposta al 110% cedibile senza limiti anche alle banche - aggiunge Fraccaro -. La salvaguardia di ambiente e territorio contribuirà così in maniera decisiva alla ripresa economica, del lavoro e del Pil: la sostenibilità diventa la chiave per contrastare sia i cambiamenti climatici sia la crisi da coronavirus".

giovedì 9 aprile 2020

E se con il Coronavirus il mattone torna a essere il bene rifugio degli italiani?

Stiamo vivendo una pandemia globale che conta, ogni giorno, tantissime vittime, soprattutto in Italia. Una vera emergenza che ha causato, in poco tempo, gravi danni all'economia. Un grande scossone che ha portato anche a un rapido crollo dei mercati finanziari.
Piazza Affari, in poche settimane, ha perso fino al 30-40% della sua capitalizzazione, recuperando poi pochi punti, ma in un contesto di altissima volatilità che non lascia spazio a previsioni nel breve termine. Non solo mercati in picchiata, ma montagne russe anche per il petrolio, le cui quotazioni continuano a scendere perdendo, dal 1° gennaio 2020, oltre l'80% del proprio valore. 
In  momento di generale incertezza, gli immobili possono rappresentare una valida alternativa d'investimento, poiché meno soggetti alla volatilità tipica dei mercati finanziari. Da sempre il mattone, insieme a oro e materie prime, ha rappresentato per gli italiani un bene rifugio per eccellenza. 
Un'importante spinta verso la crescita delle transazioni immobiliari, in questi ultimi anni, è stata data infatti dai mutui ipotecari, che non sono stati mai così convenienti. L'EURIRS, l'indice di riferimento per calcolare il tasso fisso, è difatti quasi costantemente sotto il punto percentuale. Nel mese di marzo è diventato addirittura negativo, arrivando a toccare il suo minimo storico. L'Eurirs a 20 anni è sceso sotto zero nell'arco di due anni: da 1,48 di gennaio 2018, a 0,22 di settembre 2019, è infatti arrivato a -0,08% a marzo 2020.
Per la prima volta, se fino a qualche settimana fa non c'erano grandi differenze di costo tra un mutuo a tasso fisso e uno a tasso variabile, oggi si può dire che il tasso fisso, in alcuni casi, è paradossalmente più basso.Vista la veloce discesa dell'Eurirs, nel frattempo le banche potrebbero reagire alzando il loro spread che, insieme all'indice interbancario (Eurirs per i mutui a tasso fisso ed Euribor per i mutui a tasso variabile), determina il tasso finale della rata del mutuo.
Questo non è però per forza detto. Negli ultimi due anni alcune banche hanno deciso di azzerare gli spread sui mutui a tasso fisso, rinunciando così a portare a casa utili dal mutuo. Questo perché gli istituti di credito hanno iniziato a considerare il mutuo come un prodotto attraverso il quale poter acquisire nuovi clienti, ai quali proporre, nel tempo, prodotti finanziari più remunerativi per esse.
Siamo in un momento di generale difficoltà, ma le banche continuano a investire sul mercato immobiliare, presentando prodotti sempre più accattivanti e proponendo mutui a tasso fisso con durata trentennale anche sotto l'1%.
Gli istituti di credito dedicano, alle giovani coppie, offerte che finanziano, attraverso la garanzia CONSAP, il 100% del costo d'acquisto dell'immobile. Per chi non può accedere a questa opportunità si può arrivare ad una copertura pari al 95% del prezzo d'acquisto. Nonostante le limitazioni dettate dall'emergenza COVID-19, vi è la possibilità di contattare chi vuole aprire un mutuo attraverso l'operatività in remoto, alla quale si sono già allineati diversi istituti di credito, e tra questi c'è chi propone stipule con scrittura privata autenticata attraverso un atto in videoconferenza. Sono operazioni di finanziamento nella cosiddetta “modalità a distanza”, che avvengono nel rispetto di tutte le fasi del processo, dalla prima consulenza alla stipula dell'atto definitivo.
Chi accende quindi un nuovo mutuo, o chiede una surroga trasferendo cioè il proprio debito residuo a un'altra banca, ha la possibilità di risparmiare notevolmente, fino a diverse centinaia di euro all'anno, visto il ribasso ulteriore dei tassi.
Può sembrare un paradosso, ma in un momento in cui molti si vedono purtroppo costretti a sospendere le rate del mutuo, non è mai stato così conveniente aprirne uno.

giovedì 23 gennaio 2020

Tutte le novità per l'affitto della Legge di Bilancio 2020

Ok cedolare secca al 10% per i concordati ma niente proroga per i negozi. Novità anche per IMU, modalità di pagamento canoni e tasso di interesse legale.

Come di consueto, l’inizio dell’anno porta con sé molte novità fiscali introdotte con la Legge di Bilancio 2020 e con altri provvedimenti ad essa collegati, ma anche l'aggiornamento del tasso di interesse legale. Vediamo nel dettaglio tutte queste novità.

Stabilizzazione aliquota cedolare secca 10%

La prima e più importante novità riguarda la cedolare secca. In sostanza viene “stabilizzata” (resa definitiva, salvo ulteriori e futuri interventi legislativi) al 10% l’aliquota della cedolare secca dedicata ai contratti agevolati (come sappiamo, in precedenza si trattava di riduzione temporanea).
Per come è scritto il provvedimento, tuttavia, c’è da ritenere che l’estensione dell’agevolazione della cedolare al 10% ai Comuni dichiarati in Stato di Emergenza nel quinquennio 2009-2014, contemplata dalla legge di conversione del D.L. 47/2014 (c.d. Decreto Casa) per il periodo 2014-2017 e poi prorogata fino a fine 2019, non sia più applicabile, dato che tale estensione si riferiva specificamente alla temporanea riduzione dell’aliquota al 10% e che di essa non c’è traccia nel testo dell’art. 3 comma 2 D.Lgs. 23/2011 come ora modificato. Dalla stesura si evince che la norma estende a tali Comuni l’applicazione di una disposizione temporanea, e che di conseguenza anche tale estensione cesserà con il cessare dell’applicazione di tale disposizione temporanea.
A conferma della temporaneità (e della non definitività, dunque) dell’estensione ai Comuni dichiarati in Stato di Emergenza dell’agevolazione della cedolare al 10% basti pensare al meccanismo di individuazione dei Comuni destinatari di tale estensione, che “cristallizza” al quinquennio 28 maggio 2009/27 maggio 2014 (data di entrata in vigore della legge di conversione) gli stati di emergenza da considerare e non, come sarebbe logico in caso di provvedimento definitivo, semplicemente agli ultimi 5 anni dal momento della stipula del contratto, o comunque un meccanismo che tenesse conto della presenza di un’emergenza allo stato attuale o comunque entro un lasso di tempo accettabile.
In definitiva, a nostro parere e in considerazione della mancanza di una norma applicabile che lo consenta, nei Comuni non ad alta densità abitativa, pur se dichiarati in Stato di Emergenza nel quinquennio 2009/2014, la cedolare al 10% non sarà più applicabile a partire dal giorno 1 gennaio 2020, anche con riguardo ai contratti già in essere.
Va specificato, per completezza di informazione, che a posizioni diverse sembrerebbe essere giunta la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, FiscoOggi, che in un suo recente articolo di commento alle novità della Manovra 2020 riporta questa valutazione: “Inoltre, a parere dello scrivente, in virtù del rinvio effettuato dall’articolo 9 del “decreto casa” alle disposizioni in materia di cedolare secca, si ipotizza che la stessa aliquota continuerà ad applicarsi anche ai contratti di locazione relativi a immobili situati nei comuni per i quali sia stato deliberato, nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (27 maggio 2014), lo stato di emergenza dovuto a eventi calamitosi.”
L’articolo aprirebbe quindi alla possibilità di applicare, in via definitiva, anche in Comuni non ad alta densità la cedolare al 10%, qualora tali Comuni siano stati dichiarati in Stato di Emergenza dal 28 maggio 2009 al 27 maggio 2014.
Va tuttavia osservato che si tratta di una posizione al momento priva di rilevanza non essendo espressa in documenti ufficiali (Circolari, Risoluzioni) dell’Agenzia delle Entrate e che, come sopra spiegato, tale parere parrebbe smentito da una lettura letterale delle norme. Resta inteso che qualora l’Agenzia delle Entrate inserisse una interpretazione del genere in un documento ufficiale, invece, tale posizione avrebbe rilevanza e potremmo tenerne conto.

Mancata proroga cedolare secca in caso di locazione di immobili C/1


Per fornire un quadro chiaro delle norme applicabili, è opportuno anche soffermarsi ad enfatizzare cosa nella Manovra 2020 e nei provvedimenti collegati non è presente. In particolare, in tali norme non si fa alcun cenno ad una proroga o, ancor meno, ad una stabilizzazione della cedolare secca in caso di locazione di immobili di categoria C/1, che come sappiamo era stata consentita per i contratti stipulati nel 2019.
Di conseguenza, al momento possiamo considerare chiuso l’esperimento della cedolare nell’uso diverso dall’abitativo, a dispetto degli auspici di un allargamento della misura o, nella peggiore delle ipotesi, di una conferma per l’anno in corso.
Certo, esiste ancora una flebile speranza espressa da alcune parti circa l’inserimento, in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe 162/2019, di un emendamento volto a prorogare questa misura anche per l’anno in essere, ma si tratta solo di un’eventualità sulla quale, prudenzialmente, non faremmo alcun affidamento. Le associazioni di categoria della proprietà immobiliare stanno in questi giorni lavorando per cercare di rendere concreta questa ultima ipotesi di salvataggio della cedolare secca per i negozi.
Allo stato attuale, tuttavia, i fatti ci dicono che la cedolare per i contratti di locazione su immobili C/1 stipulati nell’anno 2020 non è applicabile, mentre -come sappiamo- tale regime è perfettamente applicabile ai contratti stipulati nel 2019, pur se decorrenti nell’anno 2020 e/o registrati nell’anno 2020.

Novità in materia di IMU-TASI


Viene disposta l’abolizione della IUC (la sigla che comprendeva i 3 tributi IMU-TASI-TARI), ma in sostanza l’unico tributo abolito è la TASI, che scompare dal nostro ordinamento e, nei fatti, viene assorbita dall’IMU.
Restano quindi in vigore le precedenti disposizioni concernenti la TARI e si fornisceuna nuova disciplina dell’IMU (in minima parte diversa da quella precedente, in realtà). Queste le principali novità contenute nella nuova disciplina IMU:
► Si introduce un meccanismo “anti-furbetti”: se i componenti di un nucleo familiare, per non pagare l’IMU, stabiliscono la loro abitazione principale ciascuno in un diverso immobile di proprietà, si considererà comunque un unico immobile come abitazione principale ai fini IMU (la norma non fornisce un criterio per individuare quale sia, ma probabilmente in casi del genere saranno i componenti del nucleo ad indicare a quale immobile applicare l’esenzione).
► La norma stabilisce che l’aliquota IMU riferita agli immobili di categoria A/1, A/8 o A/9 destinati ad abitazione principale del soggetto passivo dell’imposta venga elevata allo 0,5% (a fronte del precedente 0,4%), aumentabile dal singolo Comune dello 0,1% o diminuibile anche fino all’azzeramento.
► Viene aumentata l’aliquota base dell’IMU per gli immobili diversi dall’abitazione principale, che quindi passa dal precedente 0,76% allo 0,86%. Tale aliquota può essere aumentata fino all’1,06% o diminuita a piacimento dai Comuni, fino anche all’azzeramento.
► La norma stabilisce inoltre che il limite dell’1,06% possa essere superato fino ad un massimo dell’1,14% ma solo nei Comuni che già avevano sfruttato ala maggiorazione dello 0,8 per mille riservata alla TASI. In pratica, nei Comuni in cui la somma di IMU e TASI nel 2019 non oltrepassava l’1,06% tale tetto non potrà più essere superato, mentre in quelli che avevano già stabilito uno sforamento (operato tramite l’aliquota della TASI) fino all’1,14% si potrà mantenere quest’ultima aliquota, ferma restando la possibilità di diminuirla (e mai di elevarla ulteriormente).
Per il resto la disciplina dell’IMU rimane sostanzialmente invariata per quanto di interesse per i proprietari di immobili in affitto e per gli inquilini, compreso ovviamente lo sconto del 25% previsto in caso di locazione con contratto a canone concordato per gli immobili presenti nell’intero territorio nazionale (e non solo nei Comuni ad alta densità abitativa).

Introduzione bonus facciate 

Viene introdotta, in aggiunta ai bonus già presenti e confermati, la detraibilità dall’imposta lorda IRPEF di un ammontare pari al 90% delle spese documentate, sostenute nel 2020, relative agli interventi edilizi finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici, purché questi ultimi siano ubicati nelle zone A o B indicate nel decreto del ministro dei Lavori pubblici n.1444/1968, quindi nelle parti del territorio comunale interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale (i centri storici), o nelle parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle precedenti.
La norma prevede che siano ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi. Sono agevolate anche le spese relative alla sola pulitura o tinteggiatura esterna purché queste riguardino le parti degli edifici sopra indicate.
Come per gli altri bonus, la detrazione è ripartita in dieci quote annuali di pari importo da detrarre nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.
Attenzione: a differenza che per gli altri bonus non sono previsti limiti massimi di spesa.

Collegamento fra detrazioni fiscali e tracciabilità pagamento 

Al fine di incoraggiare la tracciabilità nei pagamenti e di conseguenza scoraggiare il ricorso al “sommerso”, la norma stabilisce che le detrazioni dall’imposta lorda IRPEF (comprese quelle riservate al conduttore in taluni casi) spettino a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento “tracciabili” (ad esempio assegno). Tale regola sarà applicabile alle spese effettuate dal 1° gennaio 2020.
Tale limitazione non si applica alle detrazioni spettanti in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici, nonché alle detrazioni per prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale. In tali casi si avrà diritto alle detrazioni anche qualora il pagamento avvenga in contanti.
In sostanza, limitatamente a quanto di nostro interesse, se il conduttore vorrà detrarre una parte del canone pagato (scegliendo ove possibile l’agevolazione più conveniente in relazione alla sua condizione o al tipo di contratto utilizzato) dovrà necessariamente pagare il canone con metodo tracciabile, quindi in poche parole con bonifico (o con assegno, teoricamente). Nessuna detrazione invece in caso di pagamento in contanti, anche a fronte di regolare ricevuta rilasciata dal locatore.
Esaurito il capitolo relativo alla Legge di Bilancio 2020, diamo ora conto di una novità contenuta nel Decreto Fiscale collegato alla Manovra di Bilancio (D.L. n. 124/2019, pubblicato in GU n. 301 del 24-12-2019), riguardante l’uso del contante.

Limitazione uso contante 

Il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio (D.L. n. 124/2019, pubblicato in G.U. n. 301 del 24-12-2019) modifica il regime dell'utilizzo del contante, attraverso una modifica dell'art. 49 del D.lgs. n. 231/2007, che definisce i limiti all'uso del contante e dei titoli al portatore.
In particolare il valore soglia (attualmente pari 3.000 euro), oltre il quale si applicherà il divieto al trasferimento del contante tra soggetti diversi, verrà ridotto a 2.000 euro a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. Si prevede, poi, un'ulteriore riduzione a 1.000 euro a decorrere dal 1° gennaio 2022.
Per quanto di interesse per l'affitto questo limite riguarda anche il pagamento dei canoni di locazione, che a decorrere dal prossimo 1° luglio dovrà rispettare, nelle cadenze contrattualmente previste (in genere mensili, quindi), tali nuove indicazioni e non potrà essere effettuato in contanti per importi superiori alle nuove soglie previste.
Contestualmente alla fissazione dei nuovi limiti viene, inoltre, adeguato l'art. 63 del medesimo D.lgs. n. 231, norma che prevede che, in caso di violazione dei limiti inerenti l'uso del contante e dei titoli al portatore, si applichi una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 50.000 euro.
La modifica prevede che il minimo edittale per le violazioni commesse e contestate dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 sia fissato in 2.000 euro, mentre per le violazioni commesse e contestate dal 1° gennaio 2022 sarà fissato a 1.000 euro. In sostanza la sanzione minima viene adeguata ai nuovi limiti.

Nuovo tasso di interesse legale 

Come sappiamo, il tasso di interesse legale è utilizzato per calcolare, fra le altre cose, gli interessi maturati sui depositi cauzionali o gli interessi da ravvedimento operoso.
Tale tasso, definito alla fine di ogni anno per l’anno successivo, continua a variare (questa volta in forte diminuzione).
Con Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2019, pubblicato in GU n. 293 del 14/12/2019, tale tasso è stato infatti abbassato allo 0,05% per l’anno 2020 (come sappiamo, per l’anno 2019 era 0,8%).