mercoledì 15 novembre 2023

Si devono pagare tutte le spese decise dall’amministratore?

Spesso succede che le spese vengono presentate “sul piatto” 

dall’amministratore una volta che sono state sostenute, senza previa 

delibera assembleare. Ma è necessario pagarle?

L’amministratore ha il potere di obbligare il condominio solo per quanto attiene alle spese di gestione ordinaria dell’edificio. Tanto per intenderci si tratta della piccola manutenzione, degli interventi tecnici di modesto importo (ad esempio la riparazione del portone d’ingresso o dell’antenna televisiva), dei consumi ordinari. L’elenco è riportato all’articolo 1130 del codice civile.

In tutti questi casi, quindi, i condomini devono pagare gli importi contenuti nel cosiddetto “piano di riparto” allegato al bilancio consuntivo, senza possibilità di opporsi.

Non conta neanche il fatto che l’amministratore abbia nominato professionisti di propria fiducia senza prima consultare l’assemblea e senza presentare ulteriori preventivi di confronto. Tanto per fare un esempio, in tema di riscossione delle quote condominiali, l’amministratore può liberamente nominare l’avvocato che preferisce per gestire la causa contro i morosi, senza dover prima chiedere il permesso dell’assemblea.

C’è un solo caso in cui l’amministratore può effettuare spese, impegnando il condominio, anche oltre la gestione ordinaria: si tratta delle spese necessarie e urgenti, quelle cioè di cui non si può fare a meno per evitare danni alla proprietà condominiale o dei singoli condomini. Si pensi all’abbattimento di un albero che minaccia di cadere sul tetto o sul cortile, al rifacimento del cornicione che sta per crollare, alla riparazione delle corde dell’ascensore che potrebbe rompersi sul più bello con pericolo per l’incolumità fisica dei residenti.

In difetto dei requisiti della «necessità» e «urgenza», le spese sostenute dall’amministratore che esulano dal suo campo d’azione “ordinario” – quello cioè elencato all’articolo 1130 cod. civ. – non possono essere poste a carico del condominio ma devono essere saldate dall’amministratore stesso.

domenica 15 ottobre 2023

COME DIMOSTRARE CHE I VICINI DI CASA FANNO RUMORE

L’inquinamento acustico e i rumori molesti sono spesso oggetto di dissidi tra condomini nelle aule di tribunale. I rumori del vicino possono costituire illecito e persino reato. La prova dell’illecito, o del reato, è determinante anche in caso di richieste di risarcimento del danno. Ma come dimostrare che i vicini di casa fanno rumore? La risposta a questo interrogativo è nella legge ed è stata chiaramente evidenziata nelle varie sedi legali dove si è affrontata più volte la questione. 

Come dimostrare che i vicini di casa fanno rumore

rumori in condominio possono essere considerati “tollerabili” o “intollerabili”. Quest’ultima categoria di rumori molesti si applica soprattutto nelle ore serali o notturne, fino a costituire un illecito. Ma qual è il confine tra le due condizioni? Ed è sufficiente una registrazione vocale per dimostrare l’illecito? Chiaramente no, perché una registrazione su smartphone o apparecchio classico, ma anche videocamera, non può dimostrare l’effettiva dimensione del suono, dunque l’entità esatta dei decibel del rumore d’origine. Inoltre, le registrazioni audio personali possono essere facilmente manipolate.

La dimostrazione che i vicini di casa producano rumore intollerabile può avvenire solo in un’aula di tribunale con la prova del suono attraverso un apparecchio fonometro, capace di captare e registrare il rumore ambientale e codificarlo in decibel. A seconda dei decibel, si potrà stabilire se è illecito o se quel rumore dei vicini può essere tollerabile.

Anche la perizia di parte non ha alcun valore di prova in un processo. Per intenderci, non può essere il condòmino a registrare i rumori, anche se avesse in dotazione un fonometro adeguato. La legge affida questo potere esclusivamente al giudice, che può nominare un consulente tecnico d’ufficio (Ctu), esterno alle controparti, a cui viene affidato il compito di registrare con apparecchi fonometri. Solo le registrazioni effettuate da un pubblico ufficiale acquisiscono valore di prova in tribunale

A queste prove, possono sommarsi anche le testimonianze di altre persone o vicini di casa, come ha chiarito la Cassazione nella sentenza numero 36330 del 2020. 

Ma per arrivare alla nomina del Ctu è chiaro che bisogna aver avviato il processo. Cosa fare quindi nell’immediato, o nel tentative di evitare le vie legali?

Cosa fare quando i vicini di casa fanno rumore

In un primo momento possiamo rivendicare il diritto alla quiete rivolgendoci direttamente all’amministratore di condominio. In questa fase il regolamento condominiale è la “Bibbia”, che riporta fasce orarie in cui i rumori tollerabili sono consentiti, decibel e eventuali sanzioni che l’assemblea condominiale ha il potere di deliberare per le infrazioni al regolamento di condominio. Tutto questo deve essere previsto e scritto sul regolamento.

Se non basta, possiamo richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, non sempre risolutivo nel lungo termine, in ragione del quale si possono a quel punto adire le vie legali, con l’assistenza di un avvocato. 

Da questo momento, il denunciante può tentare la via della tutela civile, ossia avviare una causa avanti al Tribunale Civile per chiedere la cessazione dei rumori, e anche risarcimento dell’eventuale danno, compresi quelli alla salute

Le prove del fonometro devono essere raccolte dal Ctu nominato dal giudice, e devono dimostrare che il “rumore di fondo” superino costantemente i 3 decibel nelle ore notturne, oppure i 5 decibel nelle ore diurne, come chiarito da una sentenza della Cassazione (numero 2757 del 2020).

La seconda strada che si può aprire è la via della tutela penale. Infatti, i rumori molesti possono costituire reato ai sensi dell’articolo 659 del codice penale, che punisce “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici”.

Per essere reato, la Cassazione ha precisato che i rumori molesti devono interessare “una parte consistente degli occupanti il medesimo edificio” (sentenza 36330 del 2020). Si configura così il reato di disturbo della quiete pubblica

Per l’azione penale occorre la denuncia e la costituzione di parte civile durante il processo penale per la richiesta del risarcimento del danno.

venerdì 22 settembre 2023

Regalare soldi a figli, nipoti e parenti: ecco quando bisogna fare i conti col Fisco

 Mance, regali in contanti, contributi per mutui, sono tanti i modi con cui si dona del denaro, soprattutto tra parenti, ma quando e come bisogna tutelarsi? Serve il notaio? Si paga l’imposta di donazione? Cerchiamo di dare una risposta a queste e alle altre domande che nascono quando, anche se in buona fede, si trasferisce del denaro.

La donazione di denaro è molto diffusa tra i parenti, dalla nonna che dà la mancia al nipote, ai genitori che contribuiscono all’acquisto della casa del figlio, ma anche le donazioni a Enti del terzo settore fatte per puro spirito caritatevole.

Formalmente il passaggio di denaro avrebbe bisogno di un notaio che attesti la donazione per non incorrere nella richiesta di restituzione perché altrimenti si configurerebbe come un passaggio di soldi non regolamentato. Ma non è sempre così, vediamo come fare per agire correttamente, secondo i dettami della legge e del Fisco.

Quanti soldi si possono regalare?

Partiamo da un punto fermo: la legge dice che la donazione deve essere fatta per atto pubblico dinanzi ad un notaio a pena di nullità con la necessaria presenza di due testimoni all’atto, i quali devono essere capaci di agire e non devono avere alcun interesse o vantaggio derivante dalla donazione, tuttavia, non è necessario il passaggio dal notaio se la donazione è di modico valore.  

Il modico valore non fa intervenire il notaio

Le donazioni di modico valore sono quelle che vengono effettuate ad esempio in occasione di ricorrenze con piccole somme di denaro o beni mobili che non abbiano un valore elevato. Tuttavia, come si può capire la soglia oltre alla quale non si tratta di “modico valore”? Occorre fare riferimento alla situazione economica del donante.

Questo significa che non esiste un vero valore di riferimento e bisogna valutare caso per caso, paradossalmente più il donante è ricco e meno ha problemi a elargire somme di un certo valore. Ad esempio, se una persona ha un patrimonio di diversi milioni di euro, una donazione di 100 mila euro può essere considerata di modico valore.

Quindi bisogna fare sempre una valutazione a monte e in caso di dubbio rivolgersi al notaio per capire se sia il caso di stilare un atto pubblico, che ovviamente comporta dei costi, oppure no.

Quando non si pagano le tasse sulla donazione?

Oltre alla valutazione del modico valore bisogna anche capire quando interviene il Fisco per reclamare la sua parte. Partiamo dal fatto che è buona norma rendere tracciabile e giustificato il trasferimento del denaro donato quando non si parla di regali legati a ricorrenze. Infatti, non sarà certo la mancia dei nonni al nipote per il compleanno a necessitare di un bonifico! Attenzione però ai limiti di utilizzo del contante che dal 2023 sono di massimo 5 mila euro, quindi, donazioni di valore superiore a questa soglia vanno obbligatoriamente fatti con mezzi di pagamento tracciabile e non in contanti.

Ad ogni modo le donazioni non costituiscono un reddito tassabile tramite la dichiarazione dei redditi, quindi, non vanno dichiarate nel 730 o nel modello Redditi ma potrebbero esser soggette all’imposta di donazione, che varia in base all’importo e all’eventuale grado di parentela che lega le parti coinvolte.

Sicuramente, quando ci si rivolge al notaio perché la donazione non è di modico valore, bisogna verificare se si tratta di un passaggio di denaro che comporta il pagamento dell’imposta di donazione.  

L’imposta sulle donazioni

L’imposta di donazione è speculare a quella sulla successione, pertanto considera l’entità della donazione e il grado eventuale di parentela che intercorre tra donante e donatario, cioè chi riceve la donazione come indicato nella tabella seguente:

SoggettiFranchigia Aliquota 
 Coniuge e parenti in linea retta, genitori e i figli, anche naturali, i rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta, gli adottanti e gli adottati, gli affiliati e gli affiliati 1.000.000 euro 4%
 Fratelli e sorelle 100.000 euro 6%
 Altri parenti fino al 4° grado, affini in linea retta e affini in linea collaterale fino al 3° grado  6%
 Altri soggetti  8%
 Persona portatrice di handicap 1.500.000 euro 4%, 6%, o 8% a seconda del legame di parentela

Per il fisco i limiti sono chiari, il pagamento dell’imposta scatta al superamento dell’eventuale franchigia, ma si applica solo sulla parte eccedente. Quindi se un genitore è in grado di regalare un milione e mezzo di euro a un figlio, dovrà pagare il 4% di imposta di successione solo su 500 mila euro.  

In alcuni casi la donazione non viene tassata, in particolare quando si tratta di:

  • donazioni di modico valore, sia che si tratti di denaro o di altri beni mobili (il criterio da usare per stabilire il modico valore è lo stesso che abbiamo visto sopra);
  • spese di mantenimento, educazione, abbigliamento, matrimonio;
  • donazioni di aziende o rami di aziende, quote sociali o azioni se fatte in favore dei figli o dei genitori o del coniuge;
  • veicoli iscritti al PRA.

Un capitolo a parte riguarda invece gli immobili, infatti, questi vengono sempre tassati quando avviene un passaggio di proprietà, anche tramite la donazione. Sugli immobili, che concorrono come valore al calcolo delle franchigie ai fini dell’imposta di donazione, si paga in ogni caso l'imposta di registro e quelle ipotecarie e catastali.

Donazioni indirette di case e tasse

Spesso succede che in famiglia si faccia ricorso alle donazioni indirette, soprattutto quando si parla di acquistare casa. Infatti, quando le famiglie possono, contribuiscono economicamente all’acquisto di un immobile per i figli, pagandone una parte. Questo tipo di operazione per la legge è una donazione indiretta perché si raggiunge lo stesso effetto della donazione, ma lo si ottiene tramite un procedimento differente da questa: cioè, invece di passare direttamente un bene, si arriva a far avere il bene al beneficiario facendone sostenere il costo al donante.

La donazione indiretta deve essere tassata, ma l’imposta di donazione non si applica ogni volta che la liberalità riguarda il trasferimento di beni immobiliari che vengono tassati tramite imposta di registro o Iva.

Ad esempio, se i genitori decidono di regalare 50 mila euro al figlio che deve comprar casa, basterà che questo passaggio venga indicato nel rogito d’acquisto per operare in modo trasparente senza incorrere nel recupero di imposte successive. Questo, sia che il pagamento della quota avvenga direttamente da parte dei genitori il giorno del rogito, sia che i soldi vengano trasferiti prima dell’atto al figlio.

venerdì 14 luglio 2023

L’accertamento dell’Agenzia delle Entrate sul prezzo di vendita dell’immobile

 Hai venduto o acquistato un immobile ed hai ricevuto un accertamento dell’Agenzia delle Entrate perché il valore dell’immobile era troppo basso?


Ritieni di aver operato correttamente e non sai se puoi contestare l’avviso di accertamento?

Allora devi sapere che

L’avviso di accertamento fondato esclusivamente sui valori OMI non è sufficiente ad indicare il reale valore dell’immobile.

La vicenda

Una società specializzata nel settore immobiliare vendeva degli ufficio ad un prezzo concorrenziale, anche in ragione dei diversi lavori da fare e quindi della minore temporanea fruibilità.

Tuttavia, secondo l’Agenzia delle Entrate tale prezzo risultava essere troppo basso rispetto ai valori O.M.I. (acronimo dell’Osservatorio Mercato Immobiliare).

L’Osservatorio è una banca dati di libera consultazione utilizzata per conoscere le quotazioni dei valori immobiliari e delle locazioni del territorio nazionale e per determinare l’ammontare delle relative tasse da dover versare.

Ritenuto di aver sempre operato correttamente e che l’Agenzia delle Entrate fosse in torto, non avendo neppure valutato le reali condizioni dell’immobile, la società impugnava l’avviso di accertamento.

La motivazione

Sulla base di un orientamento oramai consolidato, la Cassazione ha accolto le contestazioni della società, ritenendo che:

l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’Agenzia delle entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l’accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti.

Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 06/11/2020, n. 2487

Conclusioni

Con tale decisione si conferma quindi come all’Agenzia delle Entrate non sia consentivo fare riferimento solo ai valori OMI.

Diversamente, ogniqualvolta voglia imputare delle maggiori imposte dovrà sempre offrire degli ulteriori elementi indiziari che siano gravi, precisi e concordanti, dato che il prezzo di un immobile è pur sempre soggetto ad oscillazioni

Chi deve pagare l’imposta di registro di un immobile

 Hai venduto o acquistato un immobile e ti chiedi chi deve pagare l’imposta di registro?

Hai ricevuto un accertamento dell’Agenzia delle Entrate perché il valore dell’immobile era troppo basso?

Vuoi sapere chi tra il venditore ed il compratore è tenuto al pagamento?

Allora devi sapere che

La Cassazione ha recentemente confermato che in tema di pagamento dell’imposta di registro dovuta per la vendita di un immobile tanto il venditore quanto il compratore sono tenuti al pagamento.

Indice

L’imposta di registro

Quando si vende un immobile si è tenuti al pagamento di un’imposta di registro parametrata al valore dell’immobile.

Se il prezzo dell’immobile è troppo basso da apparire fittizio, l’Agenzia dell’Entrate potrà inviare un avviso di liquidazione per richiedere il pagamento dell’imposta nella misura dovuta per legge.

La vicenda. Chi è tenuto a pagare l’imposta di registro.

L’Agenzia delle Entrate ha promosso ricorso per Cassazione per far valere il principio della solidarietà paritaria che caratterizza l’imposta di registro.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, a tutela delle ragioni dell’Erario il pagamento dell’imposta di registro è dovuto tanto dall’acquirente quanto dal venditore allo stesso modo ed allo stesso tempo al pagamento.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, a ricevere l’avviso di accertamento erano i soci di una società in nome collettivo (S.n.c.), i quali ritenevano che l’Erario avrebbe dovuto prendersela prima con la società quale debitore “principale” e, solo in caso di esito negativo, avrebbe potuto aggredire anche i soci della società, quali debitori “secondari”.

Tuttavia, confermando una giurisprudenza consolidata, la Cassazione da ragione all’Agenzia delle Entrate.

La decisione

La Cassazione conferma come in ipotesi di imposta di registro

ciascun debitore è tenuto per l’intero nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 25/05/2018, n. 13139

Secondo la Cassazione, l’Agenzia delle Entrate non è vincolata né dal beneficio dell’ordine, né da quello di previa escussione, mirando la norma a rendere più sicura ed agevole la riscossione del tributo.

Il commento dello Studio

La Cassazione conferma un orientamento oramai consolidato, secondo cui quando c’è una riscossione dell’imposta di registro (nel caso esaminato, a seguito di vendita di un immobile) non esistono figli e figliocci, poiché la solidarietà è paritaria.

L’Agenzia può quindi chiedere il pagamento tanto al venditore quanto all’acquirente, con diritto a chi per prima l’avrà effettuato di richiedere all’altro soggetto la metà.

I risvolti positivi della solidarietà tributaria.

Con riguardo ai risvolti positivi, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha recentemente confermato che in caso di passaggio in giudicato di una sentenza favorevole al venditore, l’annullamento o riduzione dell’imposta di registro potrà essere fatto valere anche all’acquirente.

Tale solidarietà vale anche nel caso in cui non si sia impugnato l’avviso di liquidazione.

Tuttavia, essa non può essere invece fatta valere qualora si sia già provveduto spontaneamente al pagamento (e senza riserve) dell’avviso di liquidazione.

I limiti alla solidarietà in caso di accertamento con adesione.

Se uno dei coobbligati (il venditore o il compratore) definisce l’accertamento con lo strumento dell’adesione, libera l’altro?

Secondo la Cassazione, quando si tratta di imposta di registro la responsabilità solidale non viene meno per effetto dell’adesione di uno dei coobbligati alla definizione per adesione, ma solo in caso di estinzione del debito tramite l’integrale pagamento di quanto deciso in sede di adesione.

Nella caso di specie, all’adesione della società acquirente non seguiva l’integrale pagamento dell’importo, essendo stata versata solo una rata, sicché il debito non risultava integralmente estinto.

Per questa ragione, la Cassazione confermava la condanna del venditore coobbligato al pagamento di quanto non ancora versato dall’acquirente.

venerdì 16 giugno 2023

L’eredità di Berlusconi nel mondo immobiliare italiano

 Si è spento, come ormai ognun sa, Silvio Berlusconi, personaggio che ha bisogno di poche presentazioni. Imprenditore, comunicatore e politico, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia d’Italia in generale, ma in particolare anche nel mercato immobiliare italiano. E’ stato infatti tra i mattoni che il Cavaliere ha mosso i primi passi nel mondo dell’imprenditoria, e anche al vertice del Consiglio dei Ministri italiano ha sempre avuto un occhio di riguardo per la proprietà privata e per la casa, bene primario per gli italiani. Ecco qual è l’eredità in campo immobiliare di Silvio Berlusconi.

Silvio Berlusconi agente immobiliare

Figlio di un bancario e di una segretaria, Silvio Berlusconi – dopo i giorni degli intrattenimenti canori sulle navi da crociera, seguiti dalle vendite porta a porta – trovò la via d’ingresso nell’imprenditoria italiana vendendo case.

Da agente immobiliare furono infatti i suoi primi passi, fino alla fondazione, nel 1961, della Cantieri Riuniti Milanesiche segnò l’inizio della sua attività di costruttore edile.

Nel 1963 fonda la Edilnord in società con il banchiere datore di lavoro di suo padre e con un commercialista svizzero, e nel 1964 inizia il primo sviluppo immobiliare a Brugherio, cittadina nell’allora hinterland milanese (oggi provincia di Monza e Brianza). Edilnord si espande nel 1968 con una seconda società che firma nuovi sviluppi a  Segrate, dove acquista grandi terreni edificabili che, con alterne vicende burocratiche, diventeranno nei primi anni ’70 Milano2.

Negli stessi anni, finanziata da fondi svizzeri, nasce la Edilnord Centri Residenziali affiancata da Italcantieri e dalla Immobiliare San Martino con sede a Roma (quest’ultima finanziata con fondi di istituti nostrani). Quest’ultima si fonderà poi con Edilnord dando vita a Milano 2 Spa.

A quel punto si è negli anni ’80, e la carriera di Berlusconi si sposta verso la comunicazione con l’acquisto di Telemilano, che diverrà poi la costola della tv commerciale firmata Fininvest e poi Mediaset, che doveva rivoluzionare la comunicazione televisiva offrendo un’alternativa alla televisione di Stato. Ma l’immobiliare è ancora presente, se pur marginalmente, nel patrimonio di Berlusconi, includendo diverse società di sviluppo immobiliare tra cui Fininvest Real Estate & Services,  Fininvest sviluppi immobiliari, Edilizia Alta Italia, Immobiliare Leonardo.

Le società immobiliari di Berlusconi

Le società immobiliari che fanno capo a Silvio Berlusconi ultimamente costituivano un ramo residuale degli affari di famiglia. Di recente Fininvest Real Estate & Service ha venduto il progetto Milano 4, dopo essersi liberato di altri immobili, tra cui il Cinema Odeon a Milano (che si appresta ad essere chiuso e rimpiazzato da un centro commerciale).

Sotto il ramo immobiliare di Fininvest si raccolgono anche le società Dolcedrago e Idra, che gestiscono le proprietà immobiliari del Cavaliere,mentre Milano 4 era un progetto di Immobiliare Leonardo, di cui Silvio Berlusconi aveva rilevato il 48 per cento dal fratello Paolo, per poi acquisirne il controllo totale nel 2018. Con la vendita di Milano 4 al fondo Orion, Fininvest di fatto si può dire uscita dal business dello sviluppo immobiliare.

Da tempo tuttavia sia il ramo immobiliare di Fininvest, sia Edilizia Alta Italia di Marina Berlusconi fronteggiavano affari flop e conti in rosso.

Il Piano casa del Governo Berlusconi

Sarà perché il mattone gli scorreva nelle vene fin dagli albori della sua attività imprenditoriale - sfociando negli acquisti, a volte controversi, di celebri residenze come Villa San Martino ad Arcore o Villa Certosa a Olbia, o Villa Campari a Lesa, sul Lago Maggiore – anche negli anni dell’attività politica Berlusconi ha sempre avuto un occhio di riguardo per le politiche sulla casa.

Sua è stata la battaglia per l’eliminazione delle imposizioni fiscali legate alla prima casa, in particolare l’abolizione dell’ICI sulla prima casa nel 2008 (rientrata poi dalla finestra con il Governo Monti sotto forma di Imu e nuovamente cancellata dal successivo governo Renzi, almeno per quanto riguarda l’abitazione principale); ma anche il Piano Casa negli stessi anni resta un importante lascito politico, puntando alla realizzazione di “più tetti per tutti”, stanziando 800 milioni di euro per fornire alloggi in proprietà o locazione alle fasce economicamente più deboli.

Anche dopo essere stato allontanato dal fulcro della politica italiana – non da ultimo a causa dei conflitti di interesse che la sua attività imprenditoriale in campo anche edile creava con l’attività di statista – Berlusconi non ha mai mancato di avanzare proposte in tema di casa per gli italiani ai successivi governi.

Nel far parte dell’attuale coalizione di governo, ad esempio, Forza Italia ha fatto il suo programma di una “ferma tutela della proprietà privata e creazione di un sistema di protezione della casa e immediato sgombero delle case occupate” e “agevolazioni per l'accesso al mutuo per l'acquisto della prima casa per le giovani coppie”, sostenendo in più l’idea del riordino degli incentivi fiscali alla ristrutturazione. Ancora lo scorso agosto, il leader di Forza Italia proponeva una tassa unica al 2 per cento sull’acquisto della prima casa e la cedolare secca su tutti i tipi di affitto.

L’eredità di Silvio Berlusconi

Ma cosa lascia in eredità Silvio Berlusconi?

Il patrimonio del Cavaliere ammonta a oltre 7 miliardi di dollari, facendone, secondo Forbes, il 352° uomo più ricco del mondo.

In particolare si parla del 62% delle partecipazioni in Fininvest, che controlla il 49,7 per cento di MediaForEurope (la ex Mediaset, che oltre alle tre reti italiane controlla Telecinco e Cuatro in Spagna), Arnoldo Mondadori Editore, Edilnord, Banca Mediolanum, il Teatro Manzoni, Fininvest Gestione Servizi,  Fininvest Real Estate & Services,  Fininvest sviluppi immobiliari, Edilizia Alta Italia, Immobiliare Leonardo, Alba Servizi Aerotrasporti, Medusa e il Monza calcio. Le quote in Borsa valgono circa 2,9 miliardi di euro, a cui si aggiungono ville, palazzi e altri investimenti e beni di (relativamente) minore entità.

Le ville di Berlusconi

Infine, come non parlare delle ville per cui Silvio Berlusconi è sempre stato famoso? Le numerose proprietà sono riunite in parte sotto una società di gestione di nome Dolcedrago, e parliamo della Villa Lampara di Cannes, Villa Certosa e Villa Tattilo di Olbia, Villa Zeffirelli di Roma. Nel patrimonio personale del Cavaliere figurano invece Villa Campari a Lesa, Villa Due Palme a Lampedusa, Villa Belvedere a Macherio, Villa San Martino ad Arcore, oltre che diverse proprietà ad Antigua. Altre proprietà sono Villa Sottocasa a Vimercate e Villa Gernetto a Lesmo. 

    venerdì 31 marzo 2023

    BONUS AFFITTI UNDER 31

     Il bonus affitti under 31 è rivolto esclusivamente ad una fascia

    giovanile della popolazione: si tratta di un sostegno che si può richiedere da 20 a 31 anni di età (non compiuti).
    Per poter accedere al bonus è necessario quindi rispettare alcuni requisiti essenziali:
    Avere un’età che va da 20 a 30 anni e 364 giorni;
    Avere un reddito annuo inferiore a 15.493,71 euro;
    Stipulare un contratto di locazione per la prima abitazione per un immobile che rientra nei requisiti delle categorie catastali, che vanno ad escludere immobili di tipo signorile, o di destinazione turistica;
    l’immobile per cui si chiede l’agevolazione non deve essere di proprietà dei genitori del giovane.
    Non è possibile chiedere il bonus affitti under 31 per le seguenti tipologie di immobili:
    Edilizia residenziale pubblica;
    Immobili con finalità esclusivamente turistiche;
    Immobili che rientrano nelle categorie A/1, A/8 e A/9, ovvero immobili di lusso, di tipo signorile, abitazioni in ville e palazzi con pregi storici e artistici.
    Una volta individuati e rispettati tutti i requisiti per l’accesso al bonus affitti, si può procedere alla richiesta della riduzione del canone di affitto.
    Il bonus affitti per i giovani under 31 consiste nella possibilità di beneficiare di una detrazione dall’imposta lorda di 991,60 euro per i primi quattro anni di durata contrattuale.
    Se superiore, la detrazione è pari al 20% dell’ammontare del canone di locazione entro il limite massimo di 2.000 euro di detrazione.
    Chi ha i requisiti richiesti, dopo aver inoltrato la domanda, potrà ottenere il bonus sotto forma di credito di imposta.
    L’agevolazione, non prevede nessuno sconto sull’affitto.
    L’agevolazione verrà corrisposta sotto forma di detrazione IRPEF, che potrà essere fruita tramite la dichiarazione dei redditi.
    Per poter richiedere il bonus andrà presentata tutta la documentazione volta ad attestare all’Agenzia delle Entrate che vengono rispettati i requisiti per accedere al sostegno.